Pena di morte: ma il “boia” lavora ancora troppo

di VALENTINA BOMBARDIERI

Il 6 agosto 1890 William Kemmler fu il primo condannato a morte giustiziato sulla sedia elettrica. Kemmler era un venditore ambulante di frutta e verdura che uccise la moglie con un’accetta in seguito ad un litigio il 29 maggio del 1889. Fu lui stesso a confessare l’omicidio: “L’ho uccisa, e adesso andrò alla forca per questo”. Kemmler impiegò ben 8 minuti a morire, perché si verificò un calo di tensione che costrinse gli esecutori a risistemare tutti i collegamenti, mentre il medico presente sulla scena li supplicava di «fare presto».

L’impiccagione era stato fino ad allora il metodo di esecuzione maggiormente in uso nello stato di New York, preferito alla ghigliottina e alla fucilazione. Nel 1885 morì George Smith, un impiegato della Brush Electric Light, che venne licenziato e decise per ripicca di manomettere la centralina elettrica rimanendo folgorato. La notizia fece il giro dei giornali e arrivò all’orecchio di un dentista, Alfred Southwick, che pensò che una scarica elettrica potesse essere una valida alternativa ai metodi utilizzati per dare seguito a una condanna a morte. Sottopose la sua idea ad un suo paziente, senatore dello stato di New York, che poi la prospettò al governatore David Hill. Il progetto venne quindi affidato a Thomas Edison, lo stesso che inventò la lampadina, che mise a punto una sedia a cui erano collegati un gran numero di elettrodi, di modo che chiunque ci si sedesse sopra, una volta accesa la corrente, venisse travolto da potentissime e mortali scariche elettriche. Dopo aver testato il macchinario su cui alcuni animali, nel 1888 ne venne decretata l’adozione, ritenendo questo metodo “una forma più umana rispetto ad impiccagione e fucilazione”.

Ad essere giustiziati in questo modo barbaro furono nel tempo diversi condannati famosi: Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, Giuseppe Zangara, Bruno Hauptman, Julius ed Ethel Rosemberg. Ci furono anche vicende particolarmente raccapriccianti, come quella che coinvolse Willie Francis, un ragazzo di colore, 17enne, che sopravvisse a più scariche di 2000 volts, il boia dovette sospendere il suo lavoro, il ragazzo fu curato per un anno, e quindi sottoposto di nuovo alla sedia elettrica, che questa volta non gli lasciò scampo; oppure il caso di John Louis Evans, per uccidere il quale fu necessario un quarto d’ora di scariche da oltre 1900 volts.

Nel 2016, il nuovo Rapporto sulla pena di morte registra almeno 1.032 persone messe a morte in 23 paesi. La maggior parte delle esecuzioni è avvenuta in Cina, Iran, Arabia Saudita e Pakistan. La Cina rimane il più attivo “boia” mondiale, ma la reale entità dell’uso della pena di morte in quel paese è sconosciuta, perché i dati sono considerati segreti di stato. Nelle Americhe solo Stati Uniti applicano ancora la pena di morte, con 20 persone giustiziate nel 2016. In realtà solo in cinque stati nel 2016 il boia è stato attivo: Alabama (2), Florida (1), Georgia (9), Missouri (1) e Texas (7). Sono cinquantasette i paesi che nei loro codici prevedono la pena capitale, ma non tutti vi fanno ricorso. Trentasette nazioni, invece, la utilizzano ancora con una certa regolarità, tra le altre Giappone e India. La Turchia, che l’ha abolita del tutto nel 2004 in vista dei negoziati per l’entrata nell’Unione Europea, potrebbe reintrodurla nel clima di repressione alimentato nel paese dal presidente Erdogan dopo il fallito golpe dello scorso anno.

Secondo il rapporto di Amnesty International 104 paesi hanno abolito la pena di morte per ogni reato; 7 paesi l’hanno abolita salvo che per reati eccezionali, quali quelli commessi in tempo di guerra; 30 sono abolizionisti de facto poiché non si registrano esecuzioni da almeno dieci anni oppure hanno assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte. In totale 141 stati hanno abolito la pena di morte ufficialmente o nella prassi.
La contestazione di questo metodo barbaro di cercare giustizia ha radici antichissime. Tornando indietro nel tempo potremmo risalire alla Bibbia, a Seneca e a Sant’Agostino. Nel dicembre 2007, l’Assemblea generale dell’ONU ha ratificato con 104 voti a favore, 54 contrari e 29 astenuti una moratoria universale della pena di morte in tutto il mondo.

L’Italia può invece vantare una serie di primati riguardo l’abolizione. Gli antichi Stati furono i primi paesi in Europa a sospendere la pena: il primato è della Repubblica di Venezia, poi seguì il Granducato di Toscana nel 1786. Anche il Regno postunitario fu all’avanguardia: nel 1889 il Codice Zanardelli abolì l’esecuzione capitale in tempo di pace. Reintrodotta nel 1926, è stata di nuovo abolita nel 1948, l’ultima esecuzione risale al 1927. Nel 1994 è stata eliminata anche dal diritto militare. Tuttavia considerati gli spiriti che animano oggigiorno la politica (quella politica brutta, che cerca di solleticare le reazioni di pancia della gente) è sempre meglio non cantare vittoria.

 

 

Valentina Bombardieri

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