Spagna, 81 anni fa la guerra e la lunga notte franchista

 -di GIANNA GRANATI-               

Nel luglio di quest’anno ricorre l’ottantunesimo anniversario della sollevazione militare in Spagna e in Marocco che sfociò nella  guerra civile e insanguinò la terra spagnola. E’ una strana guerra, quella spagnola, passata, nell’immaginario collettivo, come una guerra romantica, forse anche per lo splendido libro di Hemingway “Per chi suona la campana”. In realtà tutto fu tranne che romantica, fu una guerra terribile, quasi una prova generale della seconda guerra mondiale.

Quali furono le cause scatenanti di una simile tragedia?

 Agli inizi del 1900 la Spagna è un paese arretrato, prevalentemente agricolo: lo 0,5 per cento dei proprietari agricoli possedevano il 55 per cento della terra coltivabile, mentre una miriade di piccoli e piccolissimi proprietari ne possedevano solo il 36 per cento.

Dal 1923 è governata dal generale Primo de Rivera, che ha occupato il potere con un colpo di stato, accettato dal re Alfonso XIII.Le condizioni di vita erano al limite della sussistenza. Alla miseria  erano da aggiungere il malgoverno e la corruzione.

Il 12 aprile 1931 le elezioni indette dal re danno la vittoria alla repubblica e Alfonso lascia la Spagna.

Dal 1931 al luglio 1935 (il 1933 è  fondata la Falange,un movimento a carattere militare di estrema destra) è un susseguirsi tumultuoso di tentativi governativi per risolvere gli annosi problemi che pesano sulla Spagna, primo fra tutti la riforma agraria che varata  nel settembre del 1932 e frutto di numerosi compromessi con le opposizioni non seppe dare risposta alle attese delle masse contadine.

Le elezioni del febbraio 1936 vedono la vittoria del Fronte popolare. I risultati assegnano al Partito comunista 17 seggi, 99 al Partito socialista e 126 totalizzati dalla sinistra borghese. L’accordo tra i partiti vittoriosi è “estremamente moderato …..prevale…..il punto di vista dei partiti della piccola borghesia repubblicana” (G. Ranzato, Rivoluzione e guerra civile in Spagna 1931-1939). Nel marzo di quell’anno Francisco Franco è inviato nelle Canarie come comandante generale.

Il risultato elettorale non avrebbe dovuto “spaventare” i benpensanti borghesi ben rappresentati alle Cortes, ma ciò nonostante nei giorni 17-19 luglio si ebbe una sollevazione militare in Marocco e in Spagna e scontri sanguinosi in varie città. A Madrid e a Barcellona, ove erano molto forti gli anarchici, gli scontri furono particolarmente violenti.

Il governo nato dalle elezioni, secondo quanto scrive Raymond Carr nel suo “The Republic and the civil war in Spain” commise il grave errore di credere alla lealtà degli alti  comandi militari.

I governi europei, di fronte alla situazione esplosiva in Spagna presero una decisione pilatesca: decisero per il “non intervento”. Del “Comitato di Londra”, composto da 27 nazioni europee, che doveva attuare la politica di “non intervento” facevano parte anche Italia e Germania le quali invece intervennero massicciamente nel conflitto. L’ambasciatore americano in Spagna, Claude Bovers definì l’azione del Comitato: “Ogni mossa del Comitato per il non intervento è stata fatta per servire la causa della ribellione…..Il Comitato è stato il gruppo più cinico e disonesto della storia”.

Gli avvenimenti spagnoli coinvolsero i democratici di tutto il mondo che accorsero in Spagna e fortemente gli antifascisti italiani, soprattutto, ovviamente, quelli in esilio. E’ di Carlo Rosselli il motto “Oggi in Spagna, domani in Italia”. Fino alla sua tragica morte Rosselli fu attivissimo nel sostegno al legittimo governo repubblicano. Insieme a lui si impegnarono, tra gli altri, Fernando De Rosa, già molto attivo in Spagna fin dagli anni ’30 e che aveva lucidamente capito e denunciato il disegno reazionario dei militari spagnoli. Alla sua eroica morte nella battaglia di Guadarrama Nenni lo ricordò come “un capo militare adorato più che amato dai suoi soldati”, Pietro Nenni, che denunciò instancabilmente a livello europeo la farsa del “non intervento”, sollecitando  l’Internazionale socialista a sostenere le Brigate Internazionali, Palmiro Togliatti, esponente del Comintern, con l’incarico di Stalin di guidare i comunisti spagnoli, Vittorio Vidali, Giuseppe Di Vittorio, Luigi Longo, Randolfo Pacciardi, comandante del battaglione Garibaldi, ferito nella battaglia del Jarama, promosso per meriti di guerra tenente colonnello.

Il 29 settembre 1936, nonostante la presenza di un governo di fronte popolare, presieduto dal socialista Francisco Largo Caballero, il generale Francisco Franco Bahamonde assume i pieni poteri.

Gli scontri sanguinosi si susseguono: novembre-dicembre 1936, la battaglia di Madrid, celebrata da Rafael Alberti in uno dei suoi poemi più belli: “Madrid, cuore della Spagna, pulsa febbrile”; 8-18 marzo la battaglia di Guadalajara “una battaglia nel fango”, così fu definita, che vide italiani contro italiani. Con un impegno durissimo i volontari italiani impegnati nella difesa della repubblica  sconfissero il corpo di spedizione italiano formato da italiani  inviati dal regime fascista.

L’impegno, l’abnegazione, l’eroismo dei combattenti volontari per la repubblica non bastano contro  le forze franchiste meglio armate e sostenute da  raid aerei tedeschi e italiani: due soli nomi: Guernica distrutta dai tedeschi e Barcellona colpita da aerei italiani. Proprio il raid su Barcellona provocò addirittura l’indignazione di Papa Pio XI. Alla fine del 1937 tutto il nord della Spagna è nelle mani dei franchisti, nonostante la vittoria repubblicana nella battaglia di Teruel (15 dicembre), una battaglia combattuta in condizioni terribili da soldati male equipaggiati: non furono pochi i combattenti che morirono assiderati.

Nell’estate del 1938 la grande battaglia dell’Ebro. Dopo tre mesi di combattimenti in cui rifulse il coraggio della Brigata Garibaldi i nazionalisti rimasero padroni del terreno. Uno degli eroi della battaglia dell’Ebro fu un giovane antifascista italiano, Giuseppe Boretti, che evaso dal confino di polizia in Italia, si era arruolato nelle file dell’esercito repubblicano.

La conquista della Catalogna da parte di Franco e il successivo ingresso a Madrid delle sue truppe segnano la fine della guerra e della democrazia in Spagna.

Dovranno passare quaranta anni prima del ritorno della democrazia. Nel 1976 Nenni ritorna in Spagna per partecipare al Congresso del Partito socialista spagnolo: l’impegno profuso durante la guerra non era stato dimenticato: gli fu tributata una interminabile ovazione.

fondazione nenni

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