Nonsidice. E Bankitalia si scopre… socialista

-di GIORGIO BENVENUTO e SANDRO ROAZZI-

Più ottimismo e perfino una spruzzata di… socialismo nel bollettino della Banca d’Italia che indica per l’economia italiana prospettive migliori anche se non prive di rischi. La previsione sul Pil è di quelle che fa godere i Governi come il nostro a caccia di segnali di conforto: +1,4%. Poi, visti i calori estivi, arriva anche una doccia tiepida con un 2018 all’1,3% ed un 2019 all’1,2%. Un calando dovuto alle incertezze tuttora presenti su vari fronti (compreso quello internazionale). Ma che resta proprio per questo, se lo si vuol sentire, un campanello d’allarme sul futuro, specie se alla calura estiva succederà un clima elettorale all’italiana a far da freno. Eppure la crescita europea, +1,9%, condanna anche in questo caso l’economia italiana a ruoli di retroguardia. La nostra resta, insomma, una economia “nana” nel vecchio Continente anche per la deriva timida dell’inflazione, inferiore da noi attualmente di uno 0,4% rispetto a quella non esaltante della media europea..

Certo le attese di famiglie ed imprese migliorano, ma i punti deboli che il bollettino si guarda bene dall’enfatizzare, ci sono. Se, infatti, le imprese hanno accumulato un’alta disponibilità di liquidità mentre procede l’accumulazione di capitale, la dinamica degli investimenti privati resta modesta se pure in rialzo: nel 2016 il balzo è stato del 3,9% (per giunta inferiore a quello del semi grigio 2015), quest’anno dovrebbe essere del 2,8%. E allora dove finiscono queste risorse? In salari forse? Neanche per idea, visto che la dinamica salariale resta modesta e non… spinge i prezzi.
Anzi la Banca d’Italia segnala il fatto che la valutazione dell’inflazione ai fini degli incremento retributivi venga compiuta tenendo conto di quella passata, quasi deflazione, e non di quella attesa, modesta ma in ripresa. Verrebbe da consigliare al vertice di Bankitalia di rivolgere questa considerazione saggia in particolare alla… Confindustria che solo pochi mesi or sono era intenta a smontare le ragioni, anche salariali, dell’esistenza in vita dei contratti nazionali. Poi, puntualmente, rinnovati dalle categorie.

In questo senso i moniti di Draghi, assai più espliciti e coraggiosi nella loro chiarezza, sulla opportunità di una transitoria inflazione… da salari, sembrano aver fatto breccia, sia pure con un certo ritardo, anche in via Nazionale. Che riecheggia perfino accenti… socialisti, quando ricorda che anche la pressione dell’esercito dei disoccupati tende a deprimere le tendenze degli aumenti salariali. Marx…ringrazierebbe.

Buone notizie, forse, anche sull’andamento della occupazione. Bankitalia lo vede in rafforzamento… peccato che nel frattempo il numero dei lavoratori autonomi si assottiglia e che la spinta maggiore torni ad essere quella dei contratti a termine (+2,1%), rispetto a quella del lavoro stabile (+0,2%). E non pare questa essere la strada migliore per creare lavoro soprattutto in tempi di forti ristrutturazioni e di ondate di esuberi come testimonia il settore bancario. Ma lo scenario tratteggiato dal bollettino non dovrebbe far dormire sonni tranquilli alla politica. I miglioramenti ci sono ma sub iudice: senza un rilancio forte degli investimenti pubblici e privati, strategie economiche degne di questo nome, politiche attive del lavoro vigorose, non si va da nessuna parte. Al massimo si resta dove si è, fanalino di coda di un’Europa che prima o poi (fine del QE della Bce, elezioni tedesche) potrebbe stancarsi di concedere “sconti” ai nostri conti pubblici.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi