-di SALVATORE BONADONNA-
La ricerca che Valentino aveva condotto insieme a Mario Mazzarino ed Eugenio Peggio sul Petrochimico di Gela e gli effetti di questo insediamento industriale sulla società nella Sicilia povera ed arretrata del dopoguerra fu la mia prima occasione per apprezzare l’acume e la sensibilità con cui Valentino Parlato ha affrontato sempre le trasformazioni sociali. “Gela società in transizione” mi guidò quando toccò a me coordinare una ricerca sulla SINCAT di Priolo, i suoi operai e impiegati, l’impatto sugli assetti sociali e sui costumi di una società a cultura sostanzialmente contadina. Quando, avendolo conosciuto di persona, glielo raccontai, Valentino reagì con quel suo sorriso aperto e ammiccante e, dato che il ’68 era passato da qualche anno, parlammo delle contraddizioni che si erano aperte nelle zone industriali petrolchimiche della Sicilia e che forse avrebbero lasciato ferite aperte. Anche allora aveva antevisto con la lucidità che gli viene riconosciuta e il realismo che non lo ha mai portato alla rassegnazione ma, semmai, lo ha spinto a cercare le vie idonee a far vivere ed avanzare l’idea della trasformazione della società verso il socialismo.
Quello che è stato Valentino Parlato nella politica, nel PCI, nella nascita e nella caparbia difesa de “il Manifesto”, anche nei momenti più difficili, lo hanno ricordato in tante e tanti. Di qualcuna delle fasi difficili abbiamo qualche volta ragionato davanti ad un bicchiere di vino insieme ad un amico comune, Elio Barba, che con lui e Delfina aveva stabilito un rapporto fraterno.
Ho apprezzato le sue analisi, i suoi pacati e fermi ragionamenti, li ho quasi sempre condivisi, e ho sempre ammirato la partecipazione sentimentale e, nello stesso tempo, il razionale distacco con cui ha analizzato e spesso raccontato le vicende di una sinistra sociale e politica che non ha saputo reagire alle trasformazioni proteiche del capitalismo. Lo scioglimento del PCI ha aperto la voragine che ha inghiottito le speranze e i progetti anche di chi aveva capito per tempo che il socialismo non sarebbe arrivato dall’URSS. Ricordo il dibattito teso e profondo che si sviluppò nel seminario di Arco di Trento su una bellissima relazione di Lucio Magri e il contributo importante che diede Valentino con il suo intervento. Si dissentiva da Ingrao e altri compagni autorevoli e per molti di noi non era facile. Ci sottraemmo alla tentazione di rimanere nel gorgo perché la natura stessa di quel gorgo aveva subito una mutazione genetica.
Ma quello che di Valentino mi ha sempre colpito è stata la sua capacità di conoscere a fondo le cose. Aveva iniziato con l’inchiesta e non ha mai smesso di seguire questo modo per acquisire le conoscenze necessarie ad elaborare i progetti di trasformazione, le strategie di lotta. “Il Manifesto” ha fatto bene a pubblicare uno degli articoli che Valentino scrisse conducendo l’inchiesta sulla politica della casa, mi ha emozionato il ricordo di un incontro al Centro di Formazione Sindacale della CGIL di Ariccia al quale lo invitai per discuterne con un collettivo di quadri impegnati in un corso di formazione.
Ecco, Valentino è stato uno di quelli, e non sono tanti, che hanno sempre voluto conoscere e ha sempre indicato la necessità di studiare e di conoscere per avere la capacità di dirigere le lotte, elaborare i programmi, organizzare le forze. È un insegnamento di valore che serve, serve più che mai in quest’epoca di pressappochismo opportunista.