Sahara occidentale: il Marocco, i Sahraui e il conflitto dimenticato dall’Europa

-di GIULIA CLARIZIA-

Quando noi europei pensiamo al deserto del Sahara, spesso immaginiamo distese di sabbia, cammelli e oasi. Quello che da più di quarant’anni i media europei tendono a ignorare però, è che nella parte occidentale del Sahara c’è uno dei conflitti più lunghi della nostra epoca, che ha avuto inizio ai tempi della decolonizzazione e non ha ancora avuto una fine.

Riassumere questa storia lunga e complicata in poche righe non è facile.

Il Sahara occidentale, 260.000 chilometri quadrati di terra ostile abitate per lo più da una popolazione nomade, si affaccia sul mediterraneo, è ricco di miniere di fosfato ed è un luogo di raccordo tra l’Africa del Nord e l’Africa sub-sahariana. Colonizzato dagli spagnoli nel 1884, è stato rivendicato dal Marocco fin dalla sua indipendenza nel 1956 e poi dalla Mauritania. Una resistenza interna, in nome dell’autodeterminazione dei popoli ne rivendicava invece l’indipendenza.

Al momento della decolonizzazione nel 1975, con gli accordi di Madrid, la Spagna ha lasciato l’amministrazione in mano a Marocco e Mauritania che hanno immediatamente occupato il territorio. Il Fronte Polisario, organizzazione politica e militare dichiaratasi rappresentante del popolo Sahraui, ha lanciato in risposta una guerriglia in nome del proprio diritto all’indipendenza, diritto supportato in linea di massima dalle Nazioni Unite che dal 1965 redigevano risoluzioni sulla questione.

Come risulta da tutte le guerre, che le si consideri giuste o meno, centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire, dando vita a campi profughi che si concentrano intorno alla città di Tindouf, in Algeria, dove ancora oggi vivono in pessime condizioni.

Se nel 1979 la Mauritania ha deciso di arrendersi, la guerra tra il Marocco, che di fatto amministra la regione, e il Fronte Polisario, che nel 1976 ha proclamato la nascita dello stato della Repubblica Araba Democratica del Sahraui (RASD), è continuata fino al 1992, quando è stato concordato un cessate il fuoco che tuttavia non ha significato la fine delle ostilità.

Perché? Questo conflitto regionale ha numerose implicazioni che rischiano di mettere in pericolo l’equilibrio africano. Per questo, l’Unione Africana e le Nazioni Unite che nel corso degli anni hanno cercato di mediare tra le parti non sono mai riuscite a portare a termine le decisioni prese. Queste per lo più ruotano intorno all’organizzazione di un referendum in cui il popolo Sahraui, estremamente difficile da identificare considerando che è un popolo nomade e con migliaia di rifugiati al di fuori dei confini del territorio, sarebbe chiamato a scegliere tra l’indipedenza e la permanenza all’interno del Marocco. Quest’ultimo rivendica un diritto storico sulla regione con cui, prima della colonizzazione, ha sempre avuto legami. La considera parte del paese e come tale l’ha inclusa nel progetto di sviluppo per le regioni del sud. Inoltre, non ritiene di essere in conflitto con il popolo Sahraui bensì con un suo rappresentante illegittimo controllato dall’Algeria, che per una politica di rapporti di forza regionali ha interesse nell’avere al confine un Sahara indipendente e alleato, piuttosto che un Marocco più ricco e potente.

Se è vero che al giorno d’oggi la situazione è ancora in fase di stallo, negli ultimi mesi si è assistita a una grande novità dal punto di vista diplomatico. Infatti nel 1984 il Marocco del re Hassan II era uscito per protesta dall’Unione Africana (allora Organizzazione per l’Unità Africana) in seguito all’ammissione all’interno di questa della RASD, non riconosciuta dal Marocco, ma anche da diversi altri paesi, come stato indipendente e sovrano.

Alla fine dello scorso gennaio in seguito alla politica diplomatica del re Mohamed VI, volta all’apertura e alla ricerca di alleati, il Marocco è ufficialmente rientrato nell’Unione, pur dichiarando di non avere alcuna intenzione di rinunciare al Sahara occidentale. Potrebbe aprirsi quindi un nuovo spiraglio sulla questione, che seppur di lunga data e di bassa intensità, anima moltissimo le popolazioni interessate, al punto che studiare l’argomento in maniera oggettiva è difficile. Basti pensare che sulla pagina di Wikipedia ogni tanto figura l’annuncio: “si pregano gli utenti di non farsi una guerra editoriale cancellando i post altrui”. Vale la pena osservare gli svolgimenti futuri.

 

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