-di VALENTINA BOMBARDIERI-
La cronaca di una morte annunciata a lungo rinviata con cure palliative. Il più grande auto licenziamento della storia. Il 24 aprile il 67% dei dipendenti Alitalia ha votato “no” , mentre il 33% ha votato si al referendum sul pre-accordo per il salvataggio della compagnia. Il sacrificio richiesto era, su 12 mila dipendenti, un migliaio di esuberi (da mettere in cassa integrazione per due anni e poi o riassumere o accompagnare all’uscita con altri due anni di Naspi, indennità di disoccupazione), per il personale di terra. Per quello di volo invece un taglio dell’8% degli stipendi e la riduzione da 120 a 108 giornate di riposi in un anno.
Questa è la storia di Alitalia, azienda privata che si avvia verso la messa in liquidazione, dopo che ieri il Cda, preso atto dell’esito negativo del referendum indetto tra i lavoratori e dell’impossibilità di una ricapitalizzazione, ha deliberato il commissariamento. Cosa succederà ora è difficile dire, anche se l’ipotesi più probabile è che la compagnia di bandiera italiana venga messa sul mercato.
La cosa che sembra più assurda è che a dare l’estrema unzione alla propria azienda siano stati proprio i suoi dipendenti, che, pur di non rinunciare a privilegi e privative fuori da ogni parametro di mercato, hanno preferito votare per una sorta di “suicidio assistito” anziché accettare di percorrere la strada di un problematico risanamento all’insegna dei sacrifici e delle rinunce. Forse, sostengono i più maliziosi, perché sperano ancora in un “piano B”.
Il piano B pronto in un cassetto. E che quel piano B, alla fine, sia sempre lo Stato padrone a dettarlo, tappando i buchi di bilancio con i soldi del contribuente. Non c’è più un cielo da solcare, per una compagnia aerea che perde 700 milioni all’anno, 2 milioni al giorno, 80 mila euro l’ora.
Rimangono solo i “no”. Gli stessi che animano i populismi di ogni paese europeo oggi. Perché questo “no” è più che altro la scelta di un suicidio al posto dei sacrifici. Ha perso il governo che aveva firmato il pre-accordo con i sindacati. Hanno perso i sindacati stessi che quel piano, seppur con il naso turato, lo avevano avallato. Ma hanno perso soprattutto i lavoratori. Ha vinto il “no” che non fa vincere nessuno.