Go Beyond: l’unica garanzia, rimanere precari

-di VALENTINA BOMBARDIERI-

Garanzia giovani, il programma approvato dall’Unione Europea nel 2013 e operativo da gennaio 2014 che si propone di offrire un impiego, formazione, tirocinio o apprendistato a tutti gli under-25 (under-30 in Italia) che vengono considerati Neet (inattivi, cioè che non studiano e non lavorano) sembra essere tutto tranne che una garanzia.

Sono stati investiti un miliardo e mezzo di euro, secondo i dati Inps. Le richieste per poter accedere al programma sono state circa 865 mila. Di queste, però, appena 642 sono stati presi in carico e hanno potuto fare un colloquio.  Solo 227 mila hanno ricevuto una misura erogata dal piano: per 138 mila un tirocinio, per circa 52 mila un corso di formazione, per 32 mila  un bonus occupazionale e circa 5 mila ragazzi sono stati reindirizzati verso il servizio civile nazionale.

La gestione del progetto è stata affidata alle Regioni, senza alcun coordinamento tra di esse, infatti ognuna ha applicato metodi e tempi propri. Secondo i dati pubblicati dal quotidiano “La Stampa” il Piemonte è in cima alla classifica negativa.

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Per sbloccare i pagamenti deve essere fatta una lunga trafila di controlli e prodotta una grande quantità di documenti.

I controlli vengono attuati dalle Regioni di competenza, che dopo averli effettuati stilano una lista degli aventi diritto e la trasmettono all’Inps. Questa a sua volta effettua nuovi controlli e solamente dopo quest’altra tranche i soldi vengono sbloccati. Qui il Lazio detiene il triste primato: è la regione con più problemi e ritardi per i pagamenti. La maggior parte dei tirocinanti conclude il periodo di lavoro senza vedere un solo stipendio.

“Garanzia giovani” aveva un obiettivo troppo grande per le sue possibilità e quindi ha fallito la sua missione. L’analisi è arrivata dalla Corte dei Conti Ue, che ha studiato l’attuazione di questo strumento in sette Paesi europei: Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Portogallo e Slovacchia.

L’Italia è ultima in questa classifica. Tra le cause vi è la decisione di creare un nuovo database portando a un “basso livello di partecipazione” e a un “peso amministrativo non necessario”. Inoltre non è stata fatta una valutazione dei costi necessari a far funzionare l’operazione, che quindi è rimasta sotto-finanziata. Altra caratteristica italiana, il ritardo nei pagamenti dei tirocini, avvenuti in media 64 giorni dopo.

Numeri dietro cui si nascondono giovani arrabbiati e delusi, alla continua ricerca di un futuro che il Bel Paese non riesce ad assicurare.  C’è Davide, siciliano, che lavora da sei mesi e ancora non ha ricevuto neanche una mensilità. Valeria, romana, che invece ha effettuato un tirocinio per un anno e ha ricevuto solo sei mensilità. In Emilia Romagna, ci imbattiamo nella storia di Michela. Nessuna mensilità e una promessa non mantenuta. Quella di un posto di lavoro, una volta finito il tirocinio.

Mentre l’Inps dà la colpa alla Regione e la Regione dà la colpa all’Inps”, ci sono tanti ragazzi come Davide, Valeria e Michela aspettano soldi e risposte. E pensare che c’è la Commissione europea da poco ha proposto il rifinanziamento del programma Garanzia giovani per due miliardi di euro nel triennio 2017-2020. Magari prima sarebbe meglio rivedere qualcosa per smettere di vedere Garanzia Giovani come una chiave per aprire le porte del mondo del lavoro e dell’occupazione. Precaria naturalmente.

Valentina Bombardieri

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