San Pietroburgo: il terrore che “ritorna” dalla Siria?

 

-di MAGDA LEKIASHVILI-

Il terrore raggiunge la Russia. Il centro culturale del paese, San Pietroburgo è stato il bersaglio di un attacco terroristico che ha portato alla morte di vittime innocenti. La metropolitana da stamattina ha ripreso il suo lavoro, rimanendo chiusa la stazione Sennaya Ploshchad, epicentro dell’attacco. Le indagini sono in corso e hanno portato immediatamente al ritrovamento e al disinnesco di un secondo ordigno, più potente, in un’altra stazione. Il Comitato anti-terrorismo russo ha annunciato che la potenza di questa seconda bomba era di 200-300 grammi di tritolo ed era stato imbottito di elementi vetri e chiodi.

Il presidente russo Vladimir Putin era dalle parti di San Pietroburgo per un forum organizzato dei media e per un incontro con una collega bielorusso Aleksandr Lukasenko. Nonostante l’attentato, non ha cambiatoi suoi piani ed è rimasto nella città resa insicura dai terroristi. Ha portato anche i fiori sul luogo dell’attentato per onorare la memoria delle vittime. Durante di una conferenza stampa stamattina, i giornalisti hanno chiesto al portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov se il presidente Putin poteva essere un bersaglio del attentato. “Naturalmente il fatto che l’attacco terroristico sia avvenuto quando il capo dello Stato era in città induce a questo tipo di valutazione e l’ipotesi è oggetto di analisi da parte dei servizi di sicurezza Qualsiasi attacco terroristico è rivolto contro ogni singolo cittadino russo. E tra i cittadini vi è anche il capo dello stato“, ha risposto Peskov.

Gli investigatori russi sulla matrice dell’attentato ora sembrano non avere dubbi: si tratta di terrorismo. Una valutazione generica che si concilia con quanto rivelato dagli investigatori a proposito dell’esecutore materiale: un uomo asiatico, i cui i resti sono stati trovati nel terzo vagone del treno. Contemporaneamente il comitato di stato per la sicurezza del Kirghizistan ha riferito che un ventiduenne terrorista kamikaze – Akbarjon Djalilov, nazionalità russa, ma originario kirghiso – si è suicidato nella stazione metropolitana di San Pietroburgo causando quattordici morti. Gli investigatori kirghisi stanno collaborando con i colleghi russi, senza confermare definitivamente il coinvolgimento e la colpevolezza di Djalilov. Insomma, i responsabili non hanno ancora un nome.

Gli analisti hanno ipotizzato che l’attentatore potrebbe essere affiliato sia con un gruppo separatista ceceno sia all’ Isis. Molti ceceni sono andati a combattere in Siria e da tempo si teme che possano riportare la loro esperienza bellica all’interno dei confini di casa, in Russia. Una nuova generazione di islamici di diverse etnie, tra cui i russi convertiti, si sono uniti in una rete clandestina con il nome di “fratelli del bosco”: hanno condotto operazioni terroristiche sincronizzate in tutta la regione e nella zona centrale della Russia. L’attentato alla metropolitana a San Pietroburgo è il primo attacco contro la Russia. Tra i più disastrosi attentati islamisti, che hanno portato all’uccisione di migliaia di civili, si ricordano l’assedio del teatro di Mosca nel 2002; l’attentato alla scuola di Beslan durante il primo giorno di lezioni, il primo settembre del 2004; la bomba di Nal’chik nel 2005; l’attentato alla metropolitana di Mosca nel 2010 e quello all’aeroporto di Mosca (Domodedovo) l’aeroporto del Mosca nel 2011.

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