-di MARCO ZEPPIERI-
James Rosenquist ci ha lasciato pochi giorni fa in una clinica di New York. Poche righe tra le pagine della cultura e tutto passa.
Ma per chi si occupa o semplicemente ama la grafica il nome di Rosenquist è un punto di riferimento importantissimo.
Inizio anni sessanta Andy Warhol e Roy Lichtenstein sono i numi tutelari della pop art negli Stati Uniti e nel mondo, il cinema, il fumetto sono fonti di ispirazione primarie.
Rosenquist studia e cresce a New York sperimentando la sua arte soprattutto nel campo della grafica pubblicitaria, nei grandi pannelli stradali.
È da questa formazione e sperimentazione che tra il 1964 e il 1965 nasce F-111, un’opera grandiosa (3 per 26 metri) coloratissima, piena di significati poetici e politici.
Una bevuta di buon vino rosso che dal palato inebria meravigliosamente la testa.
I pannelli ben 23 vengono esposti per la prima colta da Leo Castelli nella sua galleria di Manatthan.
Un cacciabombardiere F-111 vive accanto a tutta una serie di memorie e simboli del consumismo, dal fungo atomico agli spaghetti, al ketchup, alle lampadine, agli ombrelloni, alle automobili, ai copertoni, ad una bimba sotto a un casco asciugacapelli.
Ma perché sono qui a ricordare questo artista?
Quando nello scorso autunno la Fondazione Nenni ha organizzato presso la biblioteca del Senato la mostra “Pietro Nenni. Padre della Repubblica” formata da tre strutture, la prima dei 22 pannelli e le altre due da sei pannelli cadauna proprio F-111 è stata la mia fonte di riferimento.
Era proprio da questa opera che immodestamente ho preso spunto.
Del risultato finale (visibile You tube) di una sola cosa mi pento: avrei dovuto usare molto di più il colore.
Avrei dovuto modernizzare di più il passato, avrei dovuto osare.
Solo in due pannelli ciò è visibile; in quello in cui è presente l’elenco delle carceri europee dove fu rinchiuso Nenni ed in quello in cui è rappresentata l’Italia e le città dove nel 1946 Nenni tenne i comizi referendari.
La lezione che Rosenquist ci ha lasciato cinquanta anni fa non mi è servita e di questo chiedo scusa al maestro.