-di GIANMARIO MOCERA-
Entra nelle case e ti parla direttamente, se poi una radio è libera, ma libera veramente, mi piace ancor di più perché libera la mente…” cosi il testo di bellissima canzone di Eugenio Finardi degli anni ’70, un inno alle nascenti radio libere in modulazione di frequenza: un forte vento di libertà soffiava attraverso le onde radio diffondendo cultura e musica alternativa a quella che si ascoltava in onde medie. A furor di popolo il Parlamento approvò la prima legge che liberalizzò l’etere.
La radio un mondo mai dimenticato e sempre vivo, riesce a stare al passo con i tempi rimanendo sempre la stessa; ogni giorno sono ascoltate in tutta l’Italia con buon successo, in casa, in auto nei negozi.
La radio è anche uno strumento di comunicazione importante, non a caso Luigi Einaudi né intuì le potenzialità parlando agli italiani per la prima volta come Presidente della Repubblica, diffondendo tranquillità e certezza: la Repubblica c’è ed è ben presidiata.
Dalla radio si diffonde musica, cultura, ma anche approfondimento, migliore di certa televisione; la radio si presta meglio all’ascolto, non t’inchioda davanti a uno schermo, puoi muoverti, fare delle attività, guidare un’auto e ascoltare ciò che ti propone la conduzione.
La radio, oggetto e soggetto presente nella nostra vita come se fosse sempre esistita, come tante cose della natura, altro è la tecnologia digitale con la quale anche la radio ha fatto i conti, rimanendo, tuttavia, uguale a prima.
Incredibile attestazione di longevità, di difficile rottamazione, capace di essere ammiraglia (RADIO 1), ma anche emittente di territorio, circoscritta alla comunità di cui racconta le virtù, i drammi delle persone e le altre storie della circoscritta realtà.
Un inno alla radio, per un ritorno all’ascolto, per il ritorno alle parole, alla narrazione perduta nelle immagini dello schermo.
Affidare al senso dell’udito la capacità di ritrovare assonanze adeguate al nostro sentire, la parola ascoltata grimaldello del nostro pensare, della nostra riflessione senza che questa sia corrotta dalle immagini e dalla scenografia visiva.
Un dialogo nel buio o al buio, dove i sensi cambiano la percezione, la vista non serve e non è disponibile e l’udito diventa il numero uno dei nostri sensi; in queste condizioni la nostra mente e più propensa all’ascolto e alla riflessione. La radio permette di fermare il vortice delle immagini e dei suoni che invadono la nostra mente, per restituirci una condizione ideale di riflessione. Poi ci puoi anche telefonare e dire la tua, far sentire la tua voce, partecipare al dibattito, senza che qualcuno si sovrapponga, non solo con le parole, ma anche con le immagini, come spesso accade in TV.
E’ con un sottile senso di dispiacere che s’interrompe l’ascolto, si deve far altro, si è arrivati alla meta, senza però lasciare indietro l’ultimo commento, l’ultima nota musicale prima di far altro… tra cui pensare, cogito ergo sum.
Ciao Gianmario,
ho letto l’articolo che ai scritto sulla radio, mi ha fatto tornare indietro negli anni, quando mi ricavo alla bottega del barbiere e lo strumento di comunicazione, informazione e intrattenimento era la radio.
Cosa bellissima, non solo perché ero giovane, mi ha permesso di conoscere le prime questioni politiche e gli uomini che ne discutevano gli eventi.
La radio mi ha permesso di conoscere i mie primi gusti musicali e i cambiamenti musicali che la mia generazione ricercava.
La cosa che maggiormente mi affascinava era il varietà della domenica mattina, in particolare il programma “domenica e sempre domenica”.
Bello molto bello .
Ciao Giammario.
Da Carmine.