-di VALENTINA BOMBARDIERI-
Le donne hanno organizzato uno sciopero globale. In circa 40 paesi sono scese in piazza aderendo all’iniziativa “Lotto marzo” in occasione del #Feministrike, contro la violenza di genere.
Si parla di sciopero “simbolico” ma non lo è. È uno sciopero politico. Dipendenti, libere professioniste, casalinghe, precarie, studentesse, disoccupate e lavoratrici hanno scioperato per manifestare la propria opposizione a qualunque forma di violenza o discriminazione di genere: dallo sfruttamento al sessismo alla transfobia. Uno sciopero anche dai propri “ruoli” all’interno della struttura familiare e sociale, uno sciopero dal ruolo di madre, di figlie, di colleghe.
L’idea nasce in Argentina per avere poi risonanza in Italia dove l’idea è stata abbracciata da diverse single sindacali come Usi, Cobas, Usb, Sial Cobas, Usi-Ait, Sgb e Flc Cgil.
L’obiettivo è quello di coinvolgere in questa grande manifestazione quelle fasce della popolazione che vedono limitata, se non negata, la propria possibilità di scioperare, ma si ritrovano spesso a subire le più pesanti conseguenze dello sfruttamento professionale e a farsi carico della maggioranza degli impegni domestici e familiari. “Scioperare non solo dalla produzione ma anche dalla riproduzione”, si legge sui cartelli delle manifestanti.
Rilanciare il significato di questa data, che storicamente è sempre stata l’occasione per donne e ragazze di rivendicare i propri diritti ma anche denunciare quanta strada c’era e c’è ancora da fare, è la forza di questa iniziativa. Uno sciopero per svegliare le coscienze da tempo sopite e per riflettere sulla violenza sulle donne. Una violenza che è articolata in una “molteplicità di forme e aggredisce numerosi ambiti dal lavoro alla salute sessuale e riproduttiva, passando per la formazione e la narrazione mediatica che da sempre utilizza strumentalmente i corpi delle donne”.
Le donne oggi, 8 marzo, proprio nella Giornata Internazionale della Donna, scioperano per far vedere qual è il loro peso nella società.
Un corteo pacifico e colorato, con slogan contro l’obiezione di coscienza e la violenza di genere. Incrociare le braccia perché c’è chi ci uccide per ‘troppo amore’, perché c’è chi sostiene che una minigonna giustifichi uno stupro, per chi si permette di decidere sui nostri corpi, perché costrette a firmare dimissioni in bianco o perché prendiamo meno degli uomini a parità di mansioni.