È come il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto: in questo caso l’annuncio può essere interpretato come una promessa o, al contrario come una minaccia. A Ginevra dove è in corso il famoso salone dell’auto, Sergio Marchionne, ha spiegato che “la Panda andrà altrove, ma non ora, intorno al 2019-2020”. Aggiungendo: “Lo stabilimento di Pomigliano ha la capacità di fare altre auto”. L’Italia è, come è noto, il paese del “benaltrismo”, una categoria filosofica che normalmente si usa nella politica. L’amministratore di Fca è un innovatore e ha pensato bene di innovare utilizzandola anche in economia. Solo che il corollario del “benaltrismo” è normalmente una fregatura: poiché non si intende fare nulla, si garantisce che ci sono “ben altre” cose da fare rispetto a quelle sulle quali potremmo già da subito impegnarci.
Inevitabile la domanda a Marchionne. Il riconoscimento professionale espresso nei confronti dei lavoratori di Pomigliano contiene la fregatura sintetizzabile in questo modo: per ora spostiamo la produzione e poi vi prometto, sul mio onore, che vi farò costruire non le Panda ma le Ferrari.
Considerata la lacunosità delle informazioni fornite da Marchionne (è concreta la prima parte della sua frase, estremamente nebulosa la prospettiva offerta dalla seconda), è inevitabile che le risposte sindacali siano state quanto meno perplesse. Ed anzi sorprende un po’ l’entusiastica reazione del segretario nazionale della Fim Cisl che ha immediatamente dettato: “Le dichiarazioni dell’Ad di Fca sulla possibilità che a Pomigliano vengano assegnate vetture di fascia superiore, sono una conferma positiva. Viene ribadita la volontà di investire e di rilanciare il sito campano”. Delle due l’una: o alla Cisl sono in possesso di notizie segrete o il sindacalista ha fatto, sin dalla nascita, voto di ottimismo.
Perché, poi, non sempre le dichiarazioni generiche di Marchionne sono state seguite, negli anni passati, da impegni concreti e, normalmente, quando in una sua affermazione risultano presenti due momenti, positivo (per Fca) e negativo (per i lavoratori), si concretizza con maggiore facilità il primo piuttosto che il secondo. Il fatto è che l’accordo tra Peugeot e Opel ha modificato il quadro e le conseguenze di questa trasformazione sono presenti nelle parole del manager italo-canadese. Lo sottolinea Susanna Camusso, segretario generale della Cgil: “Che l’accordo Opel-Psa cambiasse lo scenario era evidente”. Ma, aggiunge la segretaria, “la nostra prima preoccupazione è la produzione in Italia”.
L’amletismo di Marchionne inevitabilmente crea diversità di valutazioni anche all’interno delle medesime sigle sindacali. Nella Uil campana, infatti, da un lato il segretario regionale, Giovanni Sgambati è “fiducioso che quanto prima il Ceo Fca presenti un’ipotesi di investimento che possa assorbire completamene la manodopera di Pomigliano entro il 2015”, dall’altro il segretario regionale della Uilm, Crescenzo Auriemma, evidentemente meno fiducioso di Sgambati, sostiene che è “giunto il momento di comunicarci quale sarà la produzione per lo stabilimento di Pomigliano”.
La conclusione di questo balletto dialettico è semplice: se Marchionne ha in qualche misura in considerazione le persone e le loro umanissime emozioni, ora, dopo aver di fatto riconosciuto pubblicamente la qualità professionale presente a Pomigliano, è moralmente obbligato a spiegare nel dettaglio il futuro della fabbrica. Anche per una forma di rispetto nei confronti di lavoratori che in passato hanno pagato questa certificata professionalità con un’elevata quantità di sacrifici.