Ilva: è cominciata la “battaglia” di Taranto

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Il destino di una città, Taranto, è legato all’Ilva. Il destino di una città è legato a due buste che sono state aperte ieri e che verrano valutate dagli advisor che orienteranno la decisione finale. Il destino di una città è legato al confronto tra due colossi internazionali e nazionali dell’acciaio e ad altri due colossi della finanza. Eccola, in poche parole la battaglia dell’Ilva, di un impianto grande tre volte Taranto, che dato lavoro ma anche creato danni all’ambiente e alle persone con un inquinamento di cui tanti, troppi sono responsabili. Può essere una grande scommessa: coniugare qualità della vita e qualità della produzione. Ma al momento tutto questo sembra fuori dalla contesa.

Due “cordate” in campo: da un lato AcciaItalia, Jindal, Delfin e Arvedi, col sostegno finanziario di Cassa Depositi e Prestiti; sull’altro il consorzio Am Investco Italy, formato da Marcegaglia e ArcelorMittal al quale dovrebbe aggiungersi Intesa Sanpaolo, dopo che la banca ha consegnato al consorzio una lettera d’intenti. Ancora poche settimane e sapremo perché ci vorrà almeno un mese per la scelta. Le offerte sono state trasmesse ieri a Rothschild, l’advisor, e ora avvierà gli adempimenti valutando i vari aspetti delle proposte.

Per l’Ilva si tratta di una svolta; per la città, invece, bisognerà attendere e capire sino a che punte le buone intenzioni “ambientaliste” si trasformeranno in impegni concreti. L’azienda ha bisogno di un “cavaliere bianco” che la tiri fuori dagli stenti degli ultimi anni. Le cose dal punto di vista dei conti sono leggermente migliorate con oggi un fatturato che nel 2016 ha raggiunto i 2,2 miliardi con una certa crescita rispetto al 2015 e una sostanziale ripresa della produzione. Va tuttavia sottolineato che le due offerte arrivano anche in un momento in cui lo scenario economico internazionale è cambiato, con i prezzi dell’acciaio in risalita. Marcegaglia-ArcelorMittal hanno reso pubblica la propria offerta: 2,3 miliardi di investimenti, oltre al prezzo d’acquisto (tenuto segreto), una produzione di 9,5 milioni di tonnellate di prodotti finiti e la realizzazione di un centro di ricerca e sviluppo a Taranto. C’è anche l’impegno a ricorrere a nuove tecnologie per la produzione di acciaio a bassa emissione di anidride carbonica. Antonio Marcegaglia, presidente e amministratore Delegato del gruppo italiano, ha affermato: “Abbiamo deciso di iniziare la collaborazione con ArcelorMittal perché eravamo convinti che la combinazione di eccellenze operative e finanziarie, unita a una profonda conoscenza del mercato, rappresentassero la soluzione migliore per la rinascita dell’Ilva e delle persone che vi lavorano”. Lakshmi N. Mittal, presidente e ad di ArcelorMittal, ha aggiunto: “Siamo convinti di avere il giusto piano industriale, il piano ambientale corretto e il piano commerciale idoneo per sostenere la trasformazione dell’Ilva”.

Resta invece coperta dal segreto l’offerta di AcciaItalia, Jindal, Delfin, Arvedi. Secondo le indicazioni fornire da Jindal alcuni giorni fa, la proposta prevede una svolta ecologica, con il rilancio della produzione dello stabilimento tarantino che raggiungerà nel tempo Taranto 10 milioni di tonnellate. Ma in attesa di raggiungere quel traguardo che avrà benefiche ricadute sui livelli occupazionali, vi sarà un periodo di ristrutturazione che comporterà una riduzione dei dipendenti. Jindal garantisce che concorderà questo ridimensionamento con i sindacati. I sindacati, in ogni casi, sono guardinghi in attesa. Dice Rosario Rappa segretario nazionale della Fiom-Cgil a proposito della Proposta ArcelorMittal-Marcegaglia, dice: “Oltre alle dichiarazioni di investimento e alle intenzioni riguardo i livelli produttivi, non sono dichiarati i livelli occupazionali previsti. In attesa di conoscere i contenuti della seconda offerta presentata, è necessaria l’apertura di un tavolo al ministero che affronti in maniera dettagliata i piani industriali, relativi processi di ambientalizzazione e livelli occupazionali”.

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