Il 5 marzo del 1950 fu fondata la UIL

immagine-005bisIl 5 marzo del 1950 nasceva la UIL. Riportiamo di seguito l’intervento che il primo segretario generale della UIL, Italo Viglianesi, fece in occasione del quarantennale.

“C’è chi crede poco, compagni, ai sogni e invece… qualcuno si avvera. Ci troviamo qui dopo quarant’anni, tutti, quelli di allora e quelli di oggi a festeggiare l’anniversario della UIL. Sentiamo ancora vivi, presenti, quelli che non ci sono più: i Chiari, i Sommovigo, i Bacci, i Bigi, i Carmagnola, i Pagani, i Ramella, i Raffo, e tanti altri che con noi intuirono, soffrirono non cedettero e fecero la UIL. E non vogliamo dimenticare tanti illustri personaggi che non hanno aspettato quarant’anni per capire e sostenere la UIL, coloro che ci prestarono la loro autorevolezza, la loro cultura, la loro esperienza. Mi riferisco, soltanto per fare qualche nome, a Ignazio Silone, a Ugo La Malfa, a Leo Valiani, a Giuseppe Romita, a Ugo Mondolfo, ai compagni di “Italia Socialista”, Garosci e Vittorelli, Codignola e a tanti altri in Italia che insieme agli amici di fuori, ai fratelli Reuther, del grande sindacato d’America, il CIO, a Vanni Montana, ai compagni delle Inglesi Trade Unions, ai compagni dei sindacati tedeschi, che in momenti assai difficili ci aiutarono e con la loro solidarietà ci fecero aprire quelle porte che, da soli, non avremmo neanche potuto socchiudere!

Erano gli anni bui del sindacalismo “cinghia di trasmissione” dei partiti o se si vuole, di un solo grosso partito, di un PCI stalinista, che l’unità fittizia del Patto di Roma, gli aveva reso il dominio assoluto del sindacato.

Né, certo, questo dominio trovò limiti o remore nell’intelligenza, nell’umanità e, forse, nello sforzo di indipendenza di Giuseppe Di Vittorio. Erano gli anni assurdi della lotta al Piano Marshall…

Erano gli anni in cui parlare di europeismo era bestemmia … non riconoscere il sindacalismo guida degli stalinisti era andare, nella migliore delle ipotesi, incontro ai fischi, alle urla di tradimento, alle minacce, alle scomuniche, anche dello stesso “apparato” (così si chiamava allora nel Partito Socialista). Noi non avemmo paura, accusammo apertamente ciò che di più retrivo, di più asfissiante, di più antisindacale, di più reazionario, avevamo visto con i nostri occhi in URSS. E che non vedevano, anzi che non volevano vedere, alcuni nostri Padri della patria.

Chiedevamo l’uscita della Centrale Internazionale Sindacale Comunista dalla FSM. Chiedevamo l’alleanza con i sindacati liberi dell’Occidente. Chiedevamo riforme, non agitazioni permanenti o minacce di chiudere gli altiforni.

Dice Valiani: “Con Di Vittorio si poteva parlarne, ma solo parlarne perché poi i fatti erano diversi”. Si, i fatti erano insoluti, erano espulsioni. Ricordo ancora il compagno Vittorelli, riferendosi ai sindacalisti socialisti autonomisti: “Quando uscirono dalla CGIL compirono un vero atto di coraggio. Quando poi, insieme a repubblicani e indipendentisti, fondarono la UIL, il coraggio sfiorò la temerarietà”. Dovevamo lottare su tutti i fronti: nelle fabbriche, con la Confindustria per essere riconosciuti interlocutori, con la CGIL, malgrado la lungimiranza di Di Vittorio, con la CISL e gli americani della AFL, che in Italia conducevano, insieme ad alcuni rappresentanti del loro governo, una lotta contro di noi che, a tratti, rasentava il ricatto, pur di emarginarci dentro e fuori del nostro paese. Ma ne uscimmo, dopo tante lotte e tante maledizioni, si amalgamarono le situazioni più diverse, le più disparate, e tanti nemici diventarono amici. Ma ciò che più importò, fu che le fabbriche risposero.

La UIL cominciò a vincere. Passò alla Fiat, alla Viscosa, alla Pirelli, nei cantieri navali, passò nelle miniere, passò tra i dipendenti dello stato, negli enti locali, nel commercio e nelle campagne. Passò, così, da una stanza prestataci in Via Tevere, all’appartamento in Piazza Poli ed infine alla sede di Via Lucullo.

Vennero le grandi camere sindacali di Torino e di Milano, di Ravenna e di Forlì, di Roma, di Napoli e di Palermo e tante altre. Si formarono i quadri sindacali, arrivarono a migliaia i membri di commissione interna e, facendo gruppo con i vecchi, con i Chiari e con i Sommovigo, ricordo i giovani-vecchi della UIL Vanni, Dalla Chiesa, Rossi, Simoncini, Corti, Benevento, Gatti e tanti altri ancora che furono artefici instancabili, devoti della UIL. E poi arrivarono i giovani e poi, i ragazzi”.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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