-di GIANMARIO MOCERA-
Il neuromarketing è una branca di riferimento delle cosiddette “neuroeconomie” e indica una recente disciplina volta all’individuazione di canali di comunicazione più diretti ai processi decisionali d’acquisto, mediante l’utilizzo di metodologie legate alle scoperte delle Neuroscienze. È una disciplina che fonde il marketing tradizionale (economia) con neurologia (medicina) e psicologia (scienze comportamentali) e si prefigge di illustrare ciò che accade nel cervello delle persone come risposta ad alcuni stimoli relativi a prodotti, marche o pubblicità con l’obiettivo di determinare le strategie che spingono all’acquisto.
Che impressione mi ha fatto leggere su Wikipedia che c’è una scienza che studia in nostri comportamenti nel più intimo dei nostri meandri della mente, una scienza che scruta il nostro inconscio per scoprire le nostre scelte, o meglio il modo con il quale orientiamo i nostri acquisti o preferenze.
Sono indagati i nostri consumi, acquisti, scelte di ogni genere, compulsivi o no, uno scenario al quanto inquietante, anche perché spesso siamo indotti all’acquisto da fattori che influenzano le nostre scelte, e non è detto che siano compere necessarie.
Sapere che abbiamo deciso un acquisto o una preferenza perché un profumo immesso ad arte nell’ambiente o perché un colore è più accattivante di altri è la nuova frontiera del Marketing, delle vendite.
Studi approfonditi hanno ormai profilato e incasellato i nostri gusti, focus group, indagini statistiche, hanno ormai svelato i nostri comportamenti, sanno tutto di noi, possono venderci qualsiasi cosa, sanno cosa proporci e come proporcelo.
Senza accorgersi di nulla o quasi, il consumatore giornalmente lascia una traccia di sé, dei suoi comportamenti, lo fa in innumerevoli occasioni; quando si reca a far la spesa, fidelizzato con le carte fedeltà dei vari supermercati, da cui si ricavano le cose che compriamo e quando le compriamo. Sono tutti dati che a noi sfuggono, al massimo sappiamo esattamente quanto abbiamo speso ad esempio in un mese, ma non sappiamo cosa abbiamo comprato in un mese, in un anno, né tanto meno quanto abbiamo speso. Il commerciante, non il bottegaio, attraverso l’analisi degli scontrini, dove è riportato non solo il costo, ma anche il prodotto che si è acquistato, è in grado di compiere innumerevoli analisi, proponendo negli scaffali la merce che più scegliamo, mettendo all’altezza giusta i prodotti che si vogliono proporre, in un mix di colori e ambiente adeguati alle “nostre” esigenze.
Le merci che poi scegliamo con grande serenità, un consumatore stressato non ha comportamenti giusti per il commerciante, fanno parte di un bagaglio culturale indotto da ciò che percepiamo attorno a noi, pubblicità capaci di influenzare l’acquisto con messaggi “etici” andando oltre il prodotto sono all’ordine del giorno.
Siamo “controllati” e lasciamo tracce non solo quando si fa la spesa, anche quando navighiamo in internet e accettiamo le liberatorie che ci sono proposte per accedere ai siti, quando facciamo acquisti on line, con bancomat, carte di credito, ecc… da quel momento in poi riceviamo nella nostra posta elettronica decine e decine di mail che pubblicizzano un prodotto o un servizio, le tracce dei nostri passaggi sono codificate dalle aziende e anche attraverso i social network, Facebook e simili, i nostri messaggi entrano a far parte di conteggi e algoritmi capaci di capire ed influenzare gli orientamenti complessivi.
Tornando al neuro-marketing, detto anche bio-marketing, che suona meglio, ma non cambia la sostanza, scopriamo che i sistemi di controllo sono diventati molto sofisticati, speciali telecamere posizionate nei centri di vendita analizzano, scrutano il nostro volto, mettono a fuoco la mimica facciale. Le smorfie anche impercettibili del nostro viso sono studiate per capire qual è la nostra reazione di fronte ai prodotti dello scafale, allora se avessimo a disposizione quelle riprese, potremmo vedere che il nostro volto si rassicura e si distende con prodotti che hanno confezioni che riproducono la natura, il coltivatore intento a seminare, confezioni di uova con galline che razzolano nell’aia, ecc…Compriamo senza guardare tanto alla qualità dello prodotto, prendiamo quella confezione perché è accattivante e pensiamo che la qualità sia buona perché ci fidiamo delle immagini, del clima attorno a noi.
Il commercio, la vendita hanno da qualche tempo conquistato il nostro immaginario e agiamo fortemente condizionati dagli impulsi che riceviamo, la scienza neurologica ha aperto nuove frontiere, cercando alla radice nel nostro inconscio ciò che è possibile proporre con successo, questo può essere un pericolo se non si ha consapevolezza, se non si è consci di quale controllo può determinare lo sviluppo di questi studi.
Le applicazioni del neuro-marketing sono molte, non sono tutte riguardanti il commercio e la vendita di prodotti, può essere applicato anche in politica, i nomi dei partiti, i colori scelti per i simboli richiamano e importano i gusti degli individui con tecniche ormai conosciute, ma le neuroscienze indagano più nel profondo, usano strumenti che normalmente vengono usati in medicina, che troviamo negli ospedali, ora al servizio delle grandi multinazionali che possono permettersi studi di questa natura sui nostri comportamenti, a scopo commerciale e non.
Queste frontiere sono già state superate e non mi pare che la politica stia ragionando su questi nuovi elementi, vedo un pericolo di forti manipolazioni, certo non credo, non ci voglio credere, che tecniche scientifiche possano influenzare al tal punto la capacità di discernere degli individui, ma in passato fenomeni di massa hanno creato profondi squilibri e conflitti senza usare la scienza, figuriamoci con una tecnica scientifica di valore cosa possa accadere.
Se non si esercita un controllo e si tracciano i confini della stessa ricerca, possono nascere gravi problemi, c’è una profonda asimmetria che non può essere ad appannaggio dei commercianti, dei trader del mercato e adesso anche della politica.
Cittadini e consumatori non possono essere ignari, devono essere messi al corrente di questi studi e di queste tecniche, anche quando comprano un prodotto o scelgono un partito o un politico che li rappresenti.
Un sano ritorno ai contenuti, alla qualità impegnerebbe tutti di più: oggi gli slogan, i messaggi che riceviamo ci vendono e propongono immagini, ideali, metodi, poco si parla di contenuti e di qualità, ci si impoverisce guardando solo aspetti esteriori, si pensa meno e questo alla lunga peserà sul sistema.