-di FEDERICO MARCANGELI-
Un partito che ha come obiettivo i 3000 iscritti per il 2017 non è certo in salute e la divisione non appare come la soluzione più efficace per risollevarsi. Eppure il movimento Radicale Italiano (“Partito radicale non violento transnazionale e Transpartito”) sembra orientarsi verso questa opzione per mantenersi in vita.
La linea “ortodossa” ha dominato il congresso di Settembre e le conseguenze non sono state leggere. Le liste non allineate verranno cacciate dal partito a partire dal 1° Marzo. Il termine utilizzato non è una forzatura, visto che 3 elementi storici del movimento verranno sfrattati da Via di Torre Argentina proprio in quel giorno.
Stiamo parlando di: Radicali Italiani, Associazione Luca Coscioni e Non c’è pace senza giustizia. Anche Radio Radicale sarà interdetta agli epurati. La comunicazione è arrivata via mail e non lascia particolare spazio al dialogo. In questa epurazione rientra anche Emma Bonino, che dal 1976 combatte al fianco del Partito Radicale. Dall’aborto ai Diritti civili in URSS, passando per numerosissime battaglie in Italia e nel mondo. L’ex ministro degli esteri è stato un pilastro di tutto il movimento e ne ha portato in alto il nome per oltre 40 anni, tanto da rientrare nel 2011 tra le 150 donne più potenti al mondo (rivista Newsweek).
Curioso che questa linea venga dettata dai “pannelliani”, che sembrano dimenticare gli ideali di libertà (inclusa quella di pensiero) professati dal loro maestro spirituale. Proprio Pannella creò il sistema a satelliti del movimento, al fine di garantire a tutti i “pensieri” lo spazio necessario e mantenere alto il pluralismo.
Con le dovute ponderazioni legate alle diverse epoche, l’eliminazione dei nuclei storici dei partiti è stato uno strumento molto utilizzato. Fin dai primi del ‘900 le epurazioni sono divenute lo strumento per eliminare le dissidenze interne e rendere più forti le correnti maggioritarie.
Il neonato PCI cacciò nel 1930 uno dei suoi padri fondatori (Bodriga), a causa di una visione più legata all’ala di destra del Comunismo Italiano. Stessa sorte capitata pochi anni prima (nel 1922) a Turati, costretto a lasciare il PSI. L’idea di gestire la naturale discussione interna con l’eliminazione delle minoranze appare quindi radicata nei partiti italiani, che non hanno subito evoluzioni in tal senso.
Se nei primi del ‘900 questo modus poteva essere giustificato (vista la giovinezza e l’instabilità di partiti appena nati), al giorno d’oggi appare più una scorciatoia per evitare il confronto.
Nel caso dei radicali la soluzione è ancora più ingiustificata. Un partito così in difficoltà dovrebbe cercare di includere il più possibile e non eliminare i pochi esponenti di spicco rimasti. Questo discorso è ancor più valido considerando la principale vittima di questa epurazione. Un finale di questo genere non è solo un errore, ma un insulto a quel che rimaneva del concetto di “Radicali”.
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