-di SANDRO ROAZZI-
Se si guarda ai mercati finanziari nel mondo è tutto sommato un buon momento: si fa leva su quanto promesso da Trump, si resta scettici sul fatto che possa riemergere un protezionismo vecchia maniera. E se si guarda alle previsioni economiche c’è chi negli stessi ambienti finanziari si sbilancia e prevede una crescita mondiale oltre il 2%, mentre nel 2016 dovrebbe aver faticato a superare di molto l’1,5%. Insomma… pessimismo vade retro. In queste analisi manca però un elemento che dovrebbe essere fondamentale: che fine fanno le diseguaglianze oggi assai marcate e dove porta la paura di tanti verso il futuro.
In Italia poi lo scenario è ben diverso: secondo l’Istat le imprese sono più fiduciose dei consumatori. Perfino nel settore dell’edilizia le aspettative occupazionali migliorano anche se sugli ordini il clima è ancora… invernale. Una contraddizione? Fino ad un certo punto, visto che evidentemente una serie di lavori sono in grado di assicurare almeno la… sopravvivenza, complici anche le agevolazioni confermate dalla legge di stabilità per le ristrutturazioni.
Ma per le famiglie resta una situazione problematica: le aspettative sulle prospettive economiche, secondo Istat, non sono buone. Tutt’altro. Dato confermato dal pessimismo presente nel settore del commercio a causa del fatto che i consumi non danno segni di durevole ripresa ed anzi le scorte aumentano. In aggiunta secondo l’Eurispes ancora in questo periodo poco meno della metà degli italiani fatica ad arrivare alla fine del mese. Insomma si galleggia alla meno peggio. E secondo l’Istat torna ad affermarsi in definitiva il solito cliché italico: se si pensa alla propria condizione si è un po’ più fiduciosi malgrado tutto, ma quando si guarda alla situazione economica generale si ritorna ad essere scettici, molto scettici. E non si rischia, su nulla.
Non aiuta a pensare positivo in questo contesto il ping pong fra Roma e Bruxelles sulla manovra aggiuntiva di poco piu’ di 3 miliardi che l’Europa vuole, mentre il nostro Governo nicchia. Con l’eventualità di elezioni a metà anno Gentiloni e Renzi non vogliono di certo avere fra i piedi una manovra aggiuntiva per giunta ritrovandosi sul groppone i costi dell’ultimo terremoto. Bruxelles non alza i toni ma non cede, forte della concessione già elargita di 7 miliardi aggiuntivi per il deficit e con in pancia il malessere di un difficile anno elettorale europeo. Anche se, va detto, siamo sempre nei dintorni di un rigore che appare vieppiu’ anacronistico. Ma in realtà l’attuale maggioranza che fa capo al PD di Renzi teme come una sorta di giudizio di Dio, dopo il referendum, un nuovo passo falso proprio quando non si allenta il fiato sul collo delle aggressive spinte populiste che esistono anche da noi ed ormai sono tutt’uno con il rifiuto da parte di settori non piccoli della nostra società dell’attuale classe dirigente ed al tempo stesso di un’Euro additato come responsabile dei nostri guai. Per Gentiloni, Renzi e Padoan accondiscendere alle pretese europee a questo punto sarebbe come ammettere che si è fallito su tutta la linea: passi… per il “no” di dicembre ma… la crescita procede con fin troppa lentezza, i conti pubblici non quadrano, le banche che dovrebbero alimentare la ripresa sono invece un rebus e, particolare non insignificante, mentre vanno per la maggiore nel mondo ricette che postulano meno tasse in Italia gran parte della nostra popolazione continua a conservare una percezione perfino opposta. È come andare verso Waterloo.
Proprio per questo il rischio che la situazione si incarti ancor di più non è al momento peregrina. Quello che più nuoce è la mancanza di chiarezza e di orientamenti realistici. Che diventano a loro volta l’ anticamera possibile di nuovi scivoloni. Sarà, ma stavolta cercare di agire con l’obiettivo prioritario di… sfangarla, con la proverbiale furbizia un po’ levantina di sempre, non pare essere una buona strategia. Meno che mai per le sorti della nostra economia.