-di SANDRO ROAZZI-
La politica continua a fare a… pugni con la realtà. Il Governo Gentiloni ai suoi primi passi ribadisce l’impegno a sostenere le banche ma non va molto oltre, mentre l’Istat segnala che nel terzo trimestre calano ancora i contratti a tempo indeterminato (-18,7%) in termini congiunturali mentre salgono le cessazioni (483.162). Non solo ad ottobre la produzione industriale registra… calma piatta, ovvero nessuna variazione, tanto che ci si deve accontentare di un +1,1% nei dieci mesi del 2016 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ad evitare tracolli sono soprattutto le industrie dell’energia e, soprattutto, degli autoveicoli con un +8,4% in dieci mesi.
A declinare mestamente ancora una volta i beni al consumo con una flessione congiunturale di quasi un punto. Un timido segnale positivo giunge da Bankitalia che documenta una lieve ripresa dei prestiti (+0,5%) alle imprese sempre ad ottobre dopo 4 mesi di cali continui. Solo un brodino per un sistema che oscilla fra rassegnazione e voglia di reagire. Lo scenario nel quale si colloca il nuovo Governo non dovrebbe, in definitiva, incoraggiare a vivacchiare. L’economia italiana ha bisogno di uscire dalla spirale di continue incertezze, ma c’è da chiedersi come farlo quando inevitabilmente il Governo del dopo 4 dicembre è condannato a rimettersi ad una dialettica politica che non preannuncia nulla di buono.
Il dato sull’occupazione, in particolare, dovrebbe preoccupare. La fine progressiva degli incentivi sta producendo effetti inevitabilmente negativi sul mercato del lavoro, mentre comincia a farsi… strada una maggiore libertà di licenziare. Se aggiungiamo che la precarietà non accenna a diminuire il quadro occupazionale appare ancora una volta come uno dei punti critici della situazione economica. L’instabilità politica, mascherata solo dalla “continuità'” che dovrebbe legare questo Dicastero a quello di Renzi – nelle persone dei ministri forse, non nelle possibilità di fare o nei progetti… inesistenti – si riaffaccia proprio alla fine del 2016 che si conclude come era cominciato, se non peggio: con l’Italia, quella economica in primis, che rimane in bilico.
Una deriva pericolosa in quanto sia sul piano interno che esterno le questioni da affrontare sono assai impegnative. Sul piano interno è indubbio che il sonoro “no” abbia marcato anche la perdurante e massiccia sfiducia degli italiani verso la classe dirigente, giovani e sud in prima fila non a caso, visto che per la gente la vera scommessa è costituita dalla crescita economica e dalle tenuta sociale. Ulteriori prove di inadeguatezza politica non possono che ripercuotersi sull’ andamento economico ed aprire nuove crepe sociali.
Ma anche sul piano internazionale gli eventi non mettono l’Italia al riparo da danni consistenti. E non solo per l’occhio vigile di Bruxelles sui nostri conti pubblici che ora vedrà Padoan faticare assai di più nel dimostrare che sono a posto. La cosiddetta deglobalizzazione che potrebbe ricevere ulteriori spinte dall’avvento di Trump e dai comportamenti di grandi player o delle stesse banche centrali, può causare nuovi arretramenti sul piano economico colpendo in particolare il lavoro. Alcune stime sul rallentamento del commercio mondiale segnalano come gli effetti peggiori finiscano per penalizzare il lavoro asiatico ed europeo, tedesco e italiano in particolare.
L’evoluzione degli eventi inoltre potrebbe risentire degli appuntamenti elettorali in Francia e Germania, inasprendo le difficoltà su due versanti che sono altrettanti nervi scoperti per l’Europa e l’ Italia: banche e immigrazione. È del tutto evidente che una navigazione a vista del nostro Paese non potrà sottrarsi ai rischi di finire sugli innumerevoli scogli che si parano dinnanzi. Ma è proprio in frangenti complessi come questi che ad esempio le forze sociali hanno saputo assumersi responsabilità in grado di garantire tenuta sociale e vitalità economica.
Dopo il rinnovo di importanti contratti il clima delle relazioni industriali è indubbiamente migliorato aprendo anzi prospettive interessanti per il futuro. Per i sindacati, se sapranno agire insieme, si aprono opportunità da cogliere nel panorama politico e sociale confuso e contraddittorio; per le imprese la musica non cambia, anzi per loro impedire qualsiasi eventualità di caos politico diventa una necessità. È una speranza quella di un ruolo coraggioso ed attivo dei corpi intermedi. Non molto ma per ora è quello che passa il convento. Quello nel quale si diceva tanti secoli fa… ora et labora.
Davanti a difficoltà certamente serie cone quelle attuali tutte le forze dovrebbero concorrere in un sincero sforzo comune per minimizzare gli inconvenienti.Quì sta avvenendo il contrario.O le difficoltà sono tali che nessuno sa da che parte cominciare o difetta senso di responsabilità e del bene comune.Giovanni Bonfili.