Contratto statali: cosa ha proposto la Madia

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Da dove ripartirà il confronto tra Governo e sindacati sul contratto del Pubblico Impiego? Difficile dirlo visto che nel frattempo a parere della ministra Marianna Madia, la sentenza della consulta che ha cancellato un ampio pezzo di riforma della pubblica amministrazione ha scompaginato le carte in tavola. Tra quelle carte, c’è anche la bozza presentata giovedì scorso ai sindacati e sulla base della quale Cgil, Cisl e Uil hanno presentato le controproposte che avevano indotto l’esecutivo a chiedere una sospensione che si è trasformata in un vero e proprio stop. Il documento presentato dal governo si articolava in quattro capitoli: “Relazioni sindacali”, “normativa”, “parte economica” e “monitoraggio”. Relativamente alle questioni economiche, il documento afferma che “il Governo garantisce” un contributo finanziario in grado di assicurare “incrementi contrattuali in linea a quelli riconosciuti mediamente ai lavoratori privati e comunque non inferiori a 85 euro mensili medi”. Su quella definizione (incrementi medi) la polemica è già esplosa sabato scorso quando il “tasto” è stato toccato dal ministro del tesoro, Pier Carlo Padoan che, evidentemente, nelle sue valutazioni partiva solo dall’offerta del datore di lavoro (lo Stato) senza tenere in considerazione le controproposte del sindacato.

I quattrini che il governo mette sul tavolo riguardano il triennio e che le intese salariali devono prevedere incrementi maggiori per chi ha meno, soluzione, peraltro, che rischia di trasformare per alcuni l’incremento contrattuale in una sorta di partita di giro: da un lato si guadagnano ottantacinque euro, dall’altro si perdono gli ottanta del bonus (una conferma che quella misura presentata come un intervento redistribuitivo, quindi figli di una azione sulla leva fiscale, in realtà, per quanto benefico, è però ben lontano dalle intenzioni dichiarate e propagandate). Scrive l’esecutivo nel documento: “Il Governo, confermando la vigenza contrattuale nel triennio 2016/2018, si impegna a riconoscere le attuali risorse previste nella legge di bilancio per il 2017, aggiuntive a quelle per il 2016, utilizzandone la quota prevalente per il rinnovo dei contratti. il Governo garantisce che, con le leggi di bilancio, saranno stanziate ulteriori risorse finanziarie che consentano di definire incrementi contrattuali in linea a quelli riconosciuti mediamente ai lavoratori privati e comunque non inferiori a 85 euro mensili medi”. Viene precisato che “al fine di garantire una adeguata omogeneità negli aumenti che deriveranno dal rinnovo del contratto collettivo, il Governo si impegna a garantire che vi siano stanziamenti di risorse pari a quelli definiti per quanto di competenza in accordo con gli altri soggetti datoriali pubblici”. Il criterio da seguire nella divisione della torta è indicato chiaramente: “Nell’ambito del rinnovo della parte economica del contratto di lavoro, le parti si impegnano, nella sede dei tavoli di negoziazione, a garantire che gli incrementi contrattuali valorizzino i livelli retributivi che maggiormente hanno sofferto la crisi economica ed il blocco della contrattazione”.

La proposta apre la strada alla contrattazione di secondo livello. In sostanza, il governo sembra prospettare modelli di relazioni sindacali in qualche misura ispirati a quelli già in uso nel settore privato. E anche i meccanismi pratici al servizio di questo secondo livello negoziale evocati all’interno del documento sono decisamente simili. Infatti “Il Governo si impegna a promuovere la graduale introduzione anche nel settore pubblico di forme di welfare integrativo, fiscalità di vantaggio del salario legato alla produttività e a sostenere l’adesione alla previdenza complementare”. In più “il Governo si impegna a modificare e semplificare l’attuale sistema dei fondi di contrattazione di II livello”.
La bozza contiene un riferimento esplicito alla lotta contro l’assenteismo. Infatti, a Cgil, Cisl e Uil è stata proposta una formulazione in cui si afferma che le “parti, con il comune obiettivo di migliorare l’efficienza della prestazione lavorativa e quindi l’efficacia dell’azione amministrativa”, si impegnano a “contrastare fenomeni anomali di assenteismo. E quindi, a riprendere il confronto sull’accordo quadro su malattia, congedi e permessi nel pubblico impiego”.

Nel documento si fa riferimento a un “nuovo sistema di valutazione” che “misuri e valorizzi i differenti apporti individuali all’organizzazione”. Viene ulteriormente precisato: “Le parti, per ciascun livello istituzionale e tenendo conto delle specificità di ciascuna amministrazione e dei macro obiettivi da esse fissati per il miglioramento della qualità dei servizi per i cittadini, si impegnano ad individuare, con cadenza annuale, criteri e indicatori al fine di misurare l’efficacia delle prestazioni delle amministrazioni e la loro produttività collettiva anche attraverso l’incremento progressivo dei tassi medi di presenza sul posto di lavoro, anche disincentivando fenomeni di comportamento opportunistico”. Inoltre “si impegnano a costruire un ambiente organizzativo e del lavoro che, con l’obiettivo di soddisfare le esigenze dei cittadini e degli utenti, introduca strumenti di monitoraggio delle carenze e delle necessità di riorganizzazione sul fronte del superamento della spesa improduttiva, del precariato, della migliore conciliazione vita-lavoro, della flessibilità oraria, ferma restando l’attuale durata dell’orario di lavoro, della formazione continua, tale che si affrontino con misure incisive e mirate anche situazioni di disaffezione e demotivazione”. Per definire una nuova articolazione delle relazioni sindacali attraverso il Testo Unico “il Governo si impegna a rivedere gli ambiti di competenza, rispettivamente, della legge e della contrattazione, privilegiando la fonte contrattuale”. Infine una apertura verso un più coinvolgimento dei lavoratori: “Le parti si impegnano ad individuare ulteriori ambiti di esercizio della partecipazione sindacale per nuove e piene relazioni sindacali”.

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