Le Acli ricordano Grandi, uomo di unità

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-di SANDRO ROAZZI-

Il 30 novembre presso le Acli si terrà un ricordo di Achille Grandi, coraggioso e coerente apostolo dell’unità sindacale che fu protagonista del Patto di Roma e della costituzione della Cgil unitaria nonché primo Presidente delle Acli che volle fondare per offrire ai lavoratori cristiani una sponda associativa e formativa comune. Iniziativa meritoria, questa delle Acli di oggi, a maggior ragione per la collaborazione offerta dalla Fondazione Di Vittorio. Di Grandi si era persa traccia da tempo. Come altre fondamentali figure dell’impegno sindacale, e non solo, aveva condiviso la sorte di essere nei fatti divenuto una nobile antica memoria di un tempo che comunque non sembra meritare neppure più una… ristampa nel presente.

Quando terminò il suo cammino terreno si scrisse di lui invece in questi termini: “morì durante il Congresso delle Acli al Laterano come un Patriarca antico che si spense circondato dalla sua grande famiglia”. Eppure Grandi potrebbe rammentare in modo tuttora efficace il valore dell’unità nel sindacato testimoniato in primo luogo dalla coerenza di una vita dedicata alla causa dei lavoratori contigua e non separabile a quella della libertà e della autonomia della esperienza sindacale. Non a caso di Grandi fu scritto che “fu tra gli ultimi a deporre la resistenza attiva al fascismo, fu tra i primi a lavorare per la riscossa”.

A undici anni Grandi andò a lavorare come apprendista tipografo. Poi lo si ritrova fra i fondatori del Partito Popolare ed ancora della Cil, sindacato guidato da Giovanni Gronchi e poi dallo stesso Grandi che pur di non cedere al fascismo trionfante la sciolse prima della decretazione liberticida che cancellò la libertà di associazione politica e sindacale. Ricercato durante l’occupazione nazista di Roma sfuggì alla atroce sorte che colpì Bruno Buozzi, solo perché all’Isola Tiberina sul Tevere dove si trovava evitò la cattura in quanto si trovava a pregare in una cappella.

Grandi fu certamente un convinto assertore dell’unita’ anche se negli ultimi mesi della sua vita, ritrovate per un breve periodo le forze, girò l’Italia per rinsaldare la fragile corrente cristiana della Cgil tornando con la sensazione che l’unità andava ancora sostenuta ma che occorreva “stare in guardia”.
Un aspetto però di questa figura laica certamente è stato forse sottovalutato: la sua fede cristiana. In un discorso alla Camera Grandi espresse questa convinzione religiosa con accenti molto forti: “Se fosse in pericolo l’educazione cristiana delle masse, i diritti di Dio o la libertà religiosa, non esiterei un istante a distruggere anche la creatura più cara come l’unita’ sindacale” .
Accanto alle Acli, in sintonia con Gronchi, Grandi non a caso fondò anche il periodico Politica Sociale, palestra per molti giovani futuri giornalisti e politici cattolici, che affido’ all’amico Quinto Tosatti fra lo sconcerto dei sindacalisti a lui vicini. Tosatti, antifascista e di incrollabile fede repubblicana che lo porto’ ad opporsi con vigore all’incerto Alcide De Gasperi nella Dc prima del referendum fra Monarchia e Repubblica, in passato era stato vicino al socialismo riformista (scrisse anche per l’Avanti!), era per giunta un valente dantista e latinista ma privo di esperienza sindacale. A chi rimproverò Grandi per quella scelta la risposta fu molto chiara: per un giornale che doveva sostenere i valori del sindacalismo cristiano e quindi affrontare uno scontro ideale e politico di forte impatto occorreva una persona affidabile proprio sul terreno etico e culturale che desse garanzie. Tosatti le dava, secondo Grandi. E la sintonia fra questi due uomini la si può trovare in un episodio raccontato dallo stesso Tosatti in visita a Grandi poco prima che il leader sindacale morisse: “L’ultima volta che lo vidi in casa sua in un quartiere popolare di Roma erano presenti l’On. Storchi (successore di Grandi alla guida delle Acli), l’Avvocato Veronese (Azione Cattolica), il Prof. Colombo, mons. Civardi (assistente ecclesiastico storico delle Acli)… Si dovevano porre le basi di una piu’ stretta intesa (siamo a metà del 1946) fra tutte le forze del cristianesimo sociale, riunione da cui sorse il Comitato d’intesa sindacale. Era il giorno del Corpus domini e per la strada passava una processione; dovemmo aiutarlo a mettersi in ginocchio. Ricordo che i suoi occhi così penetranti espressero una tale fede che io pure sentii il bisogno di mettermi in ginocchio e prendergli le mani…”.
Testimonianza toccante che però richiama anche una inevitabile riflessione: nei grandi progetti, nelle sfide fondamentali per sperare in un futuro migliore non si può prescindere da uomini saldi nelle loro convinzioni ideali, autentici e riconoscibili nella loro testimonianza. Un messaggio, anche questo, che può valere qualche considerazione per l’oggi. Di Grandi però c’è un altro aspetto forse singolare ma istruttivo che merita ricordare: dopo la guerra fu chiamato a guidare l’Istituto Assicurazione Malattie. Un ruolo che i suoi amici vedevano come un aggravio di impegni già pesanti per un fisico minato dal male. Eppure Grandi reagì sostenendo che l’impegno sindacale non poteva non avere un legame strettissimo con la previdenza ed assistenza. Di più: sostenne già in quel tempo lontano che la prevenzione degli eventi fisici sul lavoro doveva costituire parte integrante ed inscindibile della “attività terapeutica del sistema previdenziale”. Inutile dire che dovranno passare più di due decenni e lotte sindacali per affermare un concetto tanto moderno ed importante di tutela della salute. Fino a farlo diventare un diritto.

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