Un referendum tra le macerie della politica

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-di SANDRO ROAZZI-

I sondaggi danno ancora il no al referendum in vantaggio e Renzi si è perfino spinto a concedere tutto il possibile al Sud pur di risalire la china. Quando infatti offre gli incentivi non è facile accettare l’idea che sia una scelta di politica economica senza una direzione di marcia precisa. Mentre resta da vedere chi, in questa situazione,  abbia voglia di investire al sud e quanti di quei giovani che avendo preparato la valigia per cercare fortuna altrove, vengano convinti da quelle promesse a restare. Ma di questi tempi dei sondaggi occorre diffidare. Specialmente se la posta in gioco del referendum si colloca nella dimensione sua propria: non sta sul terreno della cronaca politica, piuttosto verrebbe da sostenere che poggia su quello della storia politica del nostro Paese.

Ho letto che Napoleone al termine della sua poderosa avventura abbia detto a Constant che “il gusto delle costituzioni e dei dibattiti è tornato.  Tuttavia solo una minoranza li vuole. Il popolo non desidera che me…”. Renzi, che non è Napoleone, non sembra distante da questa impostazione.  Con l’aggravante che prova a fare l’en plein, riforma costituzionale e successivo passaggio a forme  di democrazia plebiscitaria, in modo certamente  ardito ma che potrebbe riuscirgli.

L’impressione è che prima di osservare i contenuti della riforma su cui si vota, ed i cui benefici vengono replicati ogni giorno dai sodali di Renzi come se fosse una filastrocca, dovremmo guardare almeno per un attimo al logorato assetto politico ed istituzionale con il quale facciamo i conti e che,  referendum o non referendum, sembra ormai sprofondato in una confusione senza vie di uscita.  Il cosiddetto… pendolo della politica che bene o male garantiva gli equilibri fra i poteri è fermo da un bel po’; le distinzioni classiche dei poteri fra le Istituzioni,  per tanti motivi, si sono smarrite chissà dove; le difficoltà dei corpi intermedi, la mutazione della classe operaia ad opera delle innovazioni tecnologiche e la crisi dei ceti medi privano la società di punti di riferimento stabili come un tempo, la generale mediocrità delle classi dirigenti fa il resto.

Prima ancora che resettare il Senato o abolire il CNEL, il referendum chiama alla resa dei conti questo scenario di rovine che la seconda Repubblica ha in particolare reso non più ristrutturabili. I conti si fanno con lo sfarinamento di questo assetto di società  e il tutto pare agganciato ad una più generale tendenza nel mondo ad accentrare i poteri, con una spolverata di nazionalismo e di populismo, facendo franare sempre più velocemente le ragioni che stanno alla base della esistenza, grama, dei partiti.  Sul piano economico poi questa confusione politica ed istituzionale ci ha costretto ad abbandonare una cultura politica di reale riformismo e progettuale, contribuendo a spingerci verso la deflazione, a temere la stagnazione, ad interpretare ancora una volta il ruolo di reggicoda delle alterne vicende economiche dell’Europa,  pur conservando una indubbia vitalità. Ed anche indubbismente questo pesa nel confronto in atto.

Come si uscirà  allora dallo scontro sul referendum è difficile da ipotizzare.  Ma è certo che se la storia ha voglia di fare il suo mestiere siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Il sì consegnerà a Renzi un potere forte, il no aprirà  una fase di instabilità politica. Ma in ogni caso sarà difficile tornare indietro. Gli antichi romani, maestri nel… mixare formule che temperassero gli abusi di potete, avevano persino accettato di scontare periodi, brevi, di dittatura. Poi, passato il pericolo,  si tornava ad una competizione politica con i poteri distribuiti fra più soggetti.  E con i cittadini portatori di eguali diritti e doveri.  Oggi, quest’ultima affermazione non è suffragata da nessuna buona notizia, quanto alla prima considerazione…. è arduo immaginare  che si torni ad una normalià  i cui contorni sarebbero indecifrabili.  Quanto infine alla gestione verticistica del potere potremmo essere svantaggiati rispetto ai  Quiriti dal fatto che questi ultimi  sapevano quando farla cessare… Di certo però non saranno i sondaggi ad aiutarci a trovare la via.

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