Il clima sarà la prima vittima di Trump

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-di LUIGI TROIANI-

Il destino cinico e baro, per riprendere la celebre espressione di Giuseppe Saragat dopo un’inattesa sconfitta elettorale, ha deciso che Cop 22 aprisse i lavori a Marrakech il giorno prima del trionfo elettorale di Trump. Cop sta per Conferenza delle Parti che, in ambito Nazioni Unite, cercano soluzioni alle cause del riscaldamento globale e del cambio climatico. Cop 21, Parigi dal 30 novembre al 12 dicembre 2015, si concluse con l’impegno a tenere sotto 2° la crescita del riscaldamento globale; Cop 22 deve definire cosa in pratica occorra per raggiungere l’obiettivo.

La notizia dell’elezione di Donald Trump a quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti ha colpito come un ciclone i quasi duecento delegati a Marrakech, a cominciare dal rappresentante dell’amministrazione americana, cosciente di rappresentare una linea che fra due mesi sarà sostituita e avrà un altro portavoce.

Sulle questioni della sostenibilità ambientale e del riscaldamento globale veniamo da decenni di andamento americano ondivago. Probabilmente in nessun’altra questione come su questa, la spaccatura tra repubblicani e democratici, ma anche all’interno dei due partiti, è stata più marcata. Gli interessi delle industrie che lavorano i fossili, le lobby del fracking che Obama ha vietato in Alaska, gli affumicatori e inquinatori che hanno fatto della democrazia americana il primo agente killer del pianeta Terra insieme all’autoritaria Cina, martedì hanno incassato la briscola di un Trump che in piena campagna elettorale ha dichiarato: “queste stronzate molto costose sul riscaldamento globale devono finire!”. Un linguaggio altamente scientifico, come si vede, che in tempi non sospetti, il 6 novembre 2012, si era espresso con argomenti da grande economista via tweet: “Il concetto di riscaldamento globale è stato creato dai e per i Cinesi, al fine di rendere non competitivo il manifatturiero statunitense”.

In materia, i due mandati di Obama avevano riportato la barra di Washington, D.C., su una posizione di ragionevolezza, dopo gli eccessi negazionisti di Bush, presidente legato mani e piedi agli interessi petroliferi texani. Quella ragionevolezza aveva conquistato alla causa la riottosa Cina, e i tanti paesi in sviluppo che, quando si discetta di clima e riscaldamento globale, chiedono aiuto e solidarietà ai ricchi del mondo. La ritrovata leadership statunitense aveva consentito la velocissima ratifica degli accordi di Parigi e la messa in movimento della conseguente azione onusiana. E meno male, perché questa situazione giuridico-politica globale tarperà alcune delle nere ali che Trump vuole stendere sul movimento che prova a riportare la Terra dentro parametri rispettosi della natura.

A Trump e ai suoi non interessa, ma i dati sul mutamento climatico che circolano a Marrakech, aggiungono allarme ad allarme. Nel ventennio 1996-2015, l’influsso umano ha comportato l’aumento “innaturale” di eventi climatici estremi sino al numero totale di 11.000, costati 3.000 miliardi di dollari in danni e più di 530.000 vite. Nell’elenco dei più colpiti figurano paesi poveri e poverissimi come, nell’ordine delle disgraziate prime piazze: Honduras, Myammar, Haiti, Nicaragua. L’Italia è 25^, ma considerando il solo 2015 si ritrova 19^ con 174 morti e più di due miliardi di dollari di danni. Wmo, agenzia meteo delle Nazioni Unite, un paio di mesi fa aveva informato che nel 2015 l’anidride carbonica (CO2) emessa dalla Terra verso l’atmosfera si era manifestata, globalmente e sull’intero anno, in concentrazioni medie tali da superare la soglia simbolica di 400 parti per milione (ppm).

Conseguentemente l’agenzia affermava che il pianeta era entrato in una nuova e diversa era climatica. Nuova sta per più calda. Più calda sta per fenomeni meteo estremi come tifoni uragani nevicate e ghiacciate da impazzire, più alto numero di incendi e più lunghi periodi di siccità, meno acqua potabile, desertificazioni di alcuni territori e imputridimento di altri, salinità di acque e terreni agricoli, inondazioni e bombe d’acqua in qualunque momento dell’anno, stravolgimenti delle coltivazioni agricole e dei pascoli, innalzamento degli oceani e dolcificazione della corrente del Golfo, sparizione e distruzione di terre basse prossime agli oceani. Nuova sta per guerre e conflitti generati dai bisogni e dagli interessi indotti dal cambiamento climatico, malattie ed epidemie causate dagli effetti sui viventi dall’innalzamento delle temperature e dai fenomeni che l’accompagnano. E così via elencando danni e rischi piuttosto certi e prevedibili. Scenario terrificante, per noi e soprattutto per i nostri figli.

Chi ha eletto Trump probabilmente condivide con lui che, dietro quest’annuncio di morte e distruzione ci sia la congiura combinata di cinesi, comunità scientifica mondiale, Nazioni Unite, governanti dei più di cento paesi (compresa l’amministrazione Obama) che hanno ratificato a spron battuto gli accordi di Cop 21. Dio voglia che sia così, ma è francamente impossibile che sia così. Gli elettori di Trump appaiono un misto di incoscienza, incredulità, fatalismo: il neoletto il vertice di un folle disegno industriale e speculativo.

L’Europa che progetta e legifera sull’economia circolare deve fermare quel disegno, magari spiegando a Trump che se solo di soldi si tratta, facendo perno sull’inesauribile capacità americana di innovare e inventare, lui e i suoi ne possono fare altrettanti e forse di più nell’economia circolare, attraverso l’azione solidale e umanistica della sostenibilità per le future generazioni.

Spieghi l’Europa alla nuova amministrazione, che una rivoluzione tecnologica per il miglioramento climatico e ambientale, pagherebbe anche un dividendo politico, aprendo una corrente di simpatia per la potenza statunitense superiore a quella goduta alla fine della Seconda guerra mondiale.

antoniomaglie

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