-di SANDRO DEGNI-
La Costituzione è la casa di tutti, dove tutte le idee debbono avere eguale dignità politica ed eguale cittadinanza.
Quando si discute di temi così importanti, il dialogo diventa categoria fondamentale.
Si costruisce con pazienza e ad esso ci si predispone con la volontà politica di realizzare un obiettivo condiviso.
Sugli strumenti per conseguirlo ci si confronta liberamente e senza pregiudizi.
Questa fu la regola ispiratrice dei Padri costituenti.
Purtroppo non è stato questo il metodo che si è seguito né dalla maggioranza di Governo, men che meno dalle opposizioni, molto diverse tra loro e con idee e obiettivi contrapposti.
Il dibattito, o meglio il dialogo tra sordi, ha avuto così uno sviluppo e un esito assai negativi.
Da una parte, supponenza, arroganza, voglia di fare comunque una riforma. Come? Non è poi così importante!
Dall’altra, con qualche eccezione (minoranza PD), disimpegno assoluto e atteggiamento di sfida: “Tanto ci rivedremo a Filippi”!
L’attuale Governo non ha l’attitudine all’ascolto e lo ha dimostrato assai di frequente: jobs-act, legge elettorale, eliminazione della tassa sulla prima casa per tutti, etc.
Sembra avere più un atteggiamento da “Guinnes dei primati”: se il referendum andrà bene saremo gli unici ad avere centrato l’obiettivo che negli ultimi trent’anni tutti gli altri hanno fallito.
Se questo è il modo di fare politica in Italia, francamente c’è poco da stare allegri!
Nel merito della riforma, il nuovo Senato è di difficile comprensione.
È vero che ha prerogative probabilmente importanti, quali l’opportunità di richiamare alcune leggi già approvate dalla Camera; la competenza nei rapporti con l’Europa; la rappresentanza degli interessi e delle esigenze del territorio; ma è anche vero che nulle o scarse sono le possibilità di poterle esercitare.
La domanda che mi pongo è molto semplice: come potrebbe un organismo con funzioni così peculiari svolgere, con sufficienza e serietà, il suo lavoro, quando, per ammissione dello stesso Presidente del Consiglio, potrà riunirsi si e no una volta al mese? Non mi pare proprio una cosa seria!
Non va poi sottovalutata la qualità della sua composizione. Ragionevolmente non si può pensare che a farne parte ci saranno tutti i Presidenti di Regione o tutti i Sindaci delle grandi città o i rispettivi assessori. È già troppo grande il loro impegno nel territorio.
Quindi la scelta, e sarà una “terza scelta”, ricadrà essenzialmente sui consiglieri regionali e comunali. Una classe politica che, stando alle esperienze recenti e meno recenti, non ha dato grande prova di sé in fatto di onestà, trasparenza e competenza professionale. E tuttavia la riforma premia queste personalità che saranno i nuovi Senatori della Repubblica, concedendo loro addirittura l’immunità parlamentare. Perché? È difficile capirlo!
Ma le sorprese non finiscono qui. I membri di questa nuova entità non saranno eletti dai cittadini del territorio interessato, bensì nominati dai loro amici e colleghi con i quali, e in relazione alle loro disponibilità, dovranno gestire e governare gli Enti locali.
Così stando le cose e vista la evidente inutilità di sovrastrutture create per ragioni occulte e comunque non facilmente individuabili, sarebbe stato molto meglio abolire il Senato tout court e immaginare un organismo più snello formato da personalità di chiara fama e competenti, scelte direttamente dalla società civile.
Inoltre, una rapidissima considerazione su un argomento sul quale non mi pare si sia insistito più di tanto, quasi fosse marginale rispetto al resto della riforma: la questione dei diritti della minoranza e delle opposizioni.
È materia così delicata che in alcun caso può essere definita in maniera unilaterale, come, invece, è accaduto.
Più che diritti, sui quali sarebbe stato più giusto e opportuno discutere anche aspramente, sembrano così una benevola concessione della maggioranza.
Infine, la concomitanza della nuova legge elettorale (l’Italicum) che di fatto attribuisce ad una minoranza del Paese poteri enormi (Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale e quant’altro) aumenta i timori di quanti, e non sono pochi, credono ancora in una democrazia diffusa e opportunamente bilanciata in tutte le sue manifestazioni.
Le argomentazioni sono quelle già note come sono note le contro obiezioni. L’iter della riforma è partito con un invito a tutti, i contenuti sono quello discussi e proposto innumerevoli volte e infatti le prime votazioni hanno registrato un voto ampio, sono intervenute molte mediazioni, poi c’ è stata l’elezione del Presidente della Repubblica e i diversi veti sui nomi hanno fatto bloccare anche la Riforma ( non quindi sui contenuti). Questo la dice lunga sulla classe dirigente e la sua volontà di cambiamento. Se aspettiamo tutti siamo veramente da Guinness perché saremo il Paese che compie un secolo chiacchierando di ciò che sarebbe giusto fare, ma senza mai farlo. Per il resto tutti convengono sulla necessità di superare rapidamente gli enormi ritardi che hanno imposto all’Italia di essere sempre il fanalino di coda in ogni statistica.
Nel merito sul Senato. Una volta o due al mese sono sufficienti ad altri Paesi con strutture simili a svolgere la loro attività perché non dovrebbe essere sufficiente in Italia? E poi siamo certi che i Rappresentanti degli enti locali siano 12 ore al giorno impegnati nei lavori consiliari ? Lo spazio c’è e lo può dire chiunque abbia frequentato le istituzioni. Poi è di ieri l’accordo che permetta al Pd di sostenere la proposta Chiti per l’elezione diretta dei senatori.
Un’ultima cosa. È stato smentito più volte anche da numerosi addetti che la nuova Camera possa fare tutto da sola. Evitiamo ipotesi fantasiose che si basano su improbabili abbandoni dell’aula da parte di tutta l’opposizione. Non sarebbe autoritarismo, ma semplice suicidio dell’opposizione.
Grazie