-di SANDRO ROAZZI-
Fra i Paesi che soffriranno di bassa crescita nel 2017 l’Italia risulta fra i più colpiti. La previsione è dell’OCSE. Quasi un telegramma per Palazzo Chigi ma non certo dei più amichevoli. Non è sbagliato parlare di doccia fredda… In parole povere ci sarà un biennio (2016-2017) con un Pil allo 0,8% che si confronterà con una crescita nella eurozona dell’1,5% quest’anno è dell’1,4% nel 2017. Ma soprattutto con un +1,8% della Germania nel 2016 (un punto netto in più a favore della Merkel) mentre la Francia si attesta anch’essa oltre il punto percentuale (+1,3%).
Siamo insomma alla… maledizione della bassa crescita. Per l’OCSE è il frutto di diverse componenti fra le quali le ineguaglianze e i salari stagnanti. Due terreni di intervento sui quali il Governo italiano sarà chiamato a rispondere fin dalla legge di bilancio ora in preparazione (pensioni, con la difficile ricerca delle risorse utili; contratti del pubblico impiego…). L’OCSE in realtà si aspettava qualcosa di più dall’Italia sulla scorta di alcuni progressi fatti in particolare sul tema del lavoro con il Jobs act. Solo che non aveva fatto i conti con la progressiva estinzione degli sgravi che hanno accompagnato quella legge e che hanno contato infinitamente di più nei calcoli delle imprese.
Ingenuità dell’OCSE o un modo per moderare le… fosche attese? Unico dato consolatorio è che nel 2017 l’Italia non fa… marcia indietro come dovrebbe avvenire invece per altri Paesi. Ma resta distante dalle migliori performance il che vuol dire indebolimento anche del peso politico. Ma ce n’è anche per le banche centrali: l’OCSE mette in guardia dalle scelte monetarie che intendono prolungare di molto la politica dei tassi bassi perché ad un certo punto il tutto potrebbe alimentare volatilità sui mercati finanziari.
Per l’oggi (e per domani) l’operato della Bce di Draghi e della Banca del Giappone, le due maggiormente sotto pressione, viene assolto con un aggettivo significativo come “opportuno” anche perché sulla politica monetaria esiste un carico eccessivo dovuto alle carenze della politica. Ma le prospettive future sono ben più incerte.
Del resto se il denaro c’è si muove… poco. Questa volta e’ l’ Abi a fare il punto della situazione: i prestiti a imprese e famiglie calano per il momento poco felice degli istituti bancari e per la grande incertezza che c’è in giro. Viaggiano meglio i mutui per l’acquisto della casa oggi in media al 2,2%. Mentre salgono ancora le sofferenze bancarie fino a sfiorare gli 85 miliardi di euro. Ma c’è un dato ulteriore che sintetizza il momento economico e sociale: la raccolta segnala un sensibile aumento su base annua, quasi a voler sottolineare la tendenza a recuperare risparmio da parte degli italiani in attesa di tempi migliori. Profezie… OCSE permettendo.