-di SANDRO ROAZZI-
L’Inps non ha dubbi: con gli sgravi in via di esaurimento, i contratti a tempo indeterminato calano di netto. E’ una flessione che non ammette giustificazioni con un meno 33,7% nei primi sette mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2015. La riduzione dei posti di lavoro vale 382 mila unità. La spiegazione la offre lo stesso Inps: la prepotente, esplosiva crescita del 2015 avveniva nel segno degli incentivi. Ora il nome del lavoro è quello dei voucher: +36,3% su base annua e oltre 83 milioni di quei foglietti che valgono 10 euro; danno da mangiare ma spengono speranze di un futuro migliore. Una valanga senza fine. La rivincita della precarietà.
Del resto secondo l’Istat la produzione nelle costruzioni, dove si è verificata la peggiore debacle occupazionale della recessione, torna in negativo: -1,3% su base annua. L’edilizia ha pagato un prezzo enorme dal punto di vista dell’occupazione. Ed è perfino inconcepibile che le politiche incentrate sulla crescita non abbiano tenuto conto del fatto che se il maggior costo della disoccupazione arrivava da quel settore era logico ripartire da esso per risalire la corrente. Invece niente o quasi. Quella delle costruzioni e’ la scommessa che dipende piu’ di tutte da investimenti pubblici e privati finora non pervenuti. Ma necessari. Inoltre c’e’ un evidente risvolto negativo nella comunicazione del Governo che annuncia la fine degli sgravi ma non propone nuove strategie di valore generale.
La conseguenza è quella di deprimere ulteriormente le attese e la propensione al rischio. Un autogol che dipende però da comportamenti evitabili: la logorrea inutile di alcuni dei protagonisti. Probabilmente si e’ anche sottovalutata l’ uscita della Cgil che lanciava un ambizioso programma per il nuovo lavoro. Non un commento, nemmeno vere e proprie critiche. La proposta ha sapore neokeynesiano, poggia su due fattori ipertradizionali come la cifra delle risorse e quella degli occupati.
Eppure poteva riaprire un confronto sul lavoro di tipo progettuale che oggi manca totalmente esentando di fatto i protagonisti della vita economica dall’assumersi responsabilità di lungo periodo. Nel governo per giunta si continua a credere che le… pensate sono meglio di uno sforzo progettuale che per essere efficace non può non coinvolgere anche le parti sociali. A partire dalle imprese fin troppo abituate a ricevere ma restie a esporsi.
La questione occupazionale insomma non tramonta. Anzi. La rivoluzione tecnologica spacca in due il problema. Da un lato restano essenziali politiche tradizionali di investimento in settori come le costruzioni, ma non solo se si pensa al turismo ed alla energia collegata all’ambiente, che attendono una rivitalizzazione in grande stile. Dall’altro occorre riflettere sul come realizzare qualche milione di posti di lavoro sostitutivi di quelli bruciati dalla innovazione tecnologica e dalle reti. Un compito immane pur se diluito nel tempo. Ma che non è un futuribile, è già… oggi, sicuramente domani.