-di SANDRO ROAZZI-
Ampio e giustificato il compianto per Ciampi. Faceva parte di quella borghesia che si ispirava a valori civili e laici, una sinistra d’altri tempi, che oggi manca mentre le classi medie si vanno spegnendo (o le vanno spegnendo). Ha indubbi meriti come l’aver risvegliato l’orgoglio nazionale, non era facile, con una operazione credibile di rinascita civile di cui hanno beneficiato i suoi successori.
Nel 1993 il governo che presiedeva ha salvato assieme alle forze sociali con il famoso Patto che dette avvio , fra l’altro, alla moderazione salariale, il Paese da una catastrofe economica e sociale. Anche se in quel momento i sindacati di allora si assunsero fino in fondo le loro responsabilità privilegiando gli interessi generali. Se un appunto va fatto è forse quello di non aver incalzato il mondo imprenditoriale a mettere in campo non solo richieste e pretese di aiuto ma anche impegni specie sul terreno degli investimenti, punto debole anche dell’Italia di oggi.
Se poi la concertazione è divenuta rito, però, non è certo per sua responsabilità. Restano dubbi, legittimi, sul suo operato da Governatore di Bankitalia che lo vide difendere strenuamente la lira nel 1992, impresa che dissanguo’ la cassa ma che si rivelò tanto generosa quanto fallimentare. Poi, pero’, scoprimmo che Ciampi agiva mentre la prima Repubblica stava crollando e con essa veniva travolta buona parte della classe politica.
Rimproveri ne ha avuti anche per il comportamento tenuto sull’euro, con lo sforzo compiuto per infilare l’Italia ad ogni costo nella moneta unica, malgrado le sue fragilità e arretratezze strutturali. Fino a convenire su alcune scelte di politica economica ad effetto, l’euro-tassa ad esempio, che non erano certo in linea con la sua cultura di governo. In realtà non poco tempo fa proprio Ciampi ebbe a riflettere su una Europa a più velocità per evitare il tracollo dell’impianto europeo.
Una riflessione che resta come monito ma che si rivela anche come una onesta rilettura di quanto è avvenuto. E poi, errore o no, Ciampi sperava in una Italia che trovasse la forza di migliorarsi, di cambiare. I fatti gli hanno dato torto. Non erano però tanto i suoi quanto quelli delle classi dirigenti di inizio del terzo millennio. Forse doveva alzare di più la voce, ma non era il suo stile. Resta comunque un grande protagonista di tempi difficili.