-di ANTONIO MAGLIE-
I politici hanno la memoria corta. Roberto Maroni, presidente della Lombardia, sembra averla addirittura perduta. D’un tratto nella sua testa sono scomparsi tutti i fatti avvenuti quando ricopriva un incarico ministeriale. Perché Maroni è stato (lo sottolineiamo nella speranza di ridestare in lui qualche flash mnemonico) ministro dell’Interno dal 2008 al 2011. Ma avendo cancellato questo suo passato, oggi dichiara: “Sull’immigrazione il governo Renzi è ormai allo sbando”. E ancora: “Non sono profughi ma clandestini, vanno rimandati a casa loro”.
D’altro canto, come tutti possono ricordare, lui l’immigrazione riuscì a fermarla. Con un colpo da genio della lampada, si inventò i respingimenti. Che ebbero vita breve anche perché un anno dopo la sua uscita di scena dal Viminale arrivò la condanna della Corte Europea per i Diritti Umani. Con quella operazione, infatti, il nostro paese aveva violato: a) il divieto di sottoporre a tortura e a trattamento disumani e degradanti le persone; b) il divieto di espulsioni collettive e l’impossibilità per i “respinti” di presentare ricorso”. L’Italia fu condannata a pagare un risarcimento di quindicimila euro (oltre le spese legali) a ventidue dei ventiquattro denuncianti. L’ormai ex ministro rispose alla sua maniera parlando di “incomprensibile picconata del buonismo peloso”, di una “sentenza politica di una corte politicizzata”. Gran finale: “Rifarei esattamente quello che ho fatto: impedire ai barconi di clandestini di partire dalla Libia, salvare molte vite umane e garantire maggiore sicurezza ai cittadini”.
Anche in quel caso sembrò vittima di amnesia. Infatti appena un anno prima, da ministro dell’interno si ritrovò a fronteggiare una grande emergenza (segno evidente che i “respingimenti” non riuscivano a respingere nemmeno l’acqua del mare): Lampedusa era presa d’assalto da un mese e mezzo; su quella che fu definita “la collina della vergogna”, tra il Cie e il porto erano “parcheggiati” tra i sette e gli ottomila immigrati ogni giorno. Fece all’epoca esattamente quello che adesso contesta: invitò “tutti i territori” a “sentirsi coinvolti”. In pratica propose la distribuzione “in base al numero di abitanti” nelle diverse regioni. Le sue ricette ministeriali sono state così efficaci che gli immigrati (non più clandestini) sotto il suo governo sono passati dai tre milioni del 2008 ai quasi 3,9 milioni del 2011; la legge Bossi-Fini, una sorta di “vangelo” del centro-destra al governo in materia di gestione dei flussi migratori ha accompagnato l’aumento del numero degli immigrati dal milione e 341 mila del 2002 ai tre milioni 879 mila del 2011 (poi il governo Berlusconi fu costretto dallo spread e da Giorgio Napolitano a fare le valigie).
Il nostro è un paese in cui di creatività al potere se ne vede poca ma al contrario se ne vede tantissima all’opposizione. Solo che ci dovrebbe essere un limite e questo limite è dato più che dalla coerenza (inesistente nei nostri politici) dal confronto con i numeri e con le vicende reali che quei numeri illustrano in maniera inequivocabile. Bobo Maroni suona il sax ma si scordi di essere Charlie Parker. Al contrario non dimentichi di essere stato ministro dell’Interno e di aver in quelle vesti fornito un contributo non trionfale (lo dicono i numeri e le condanne) al governo dei flussi migratori. Insomma: non scagli la prima pietra perché non essendo senza peccato potrebbe riceverne in cambio una quantità sufficiente per una vera e propria lapidazione.