-di SANDRO ROAZZI-
L’assassinio atroce di un vecchio sacerdote mette di fronte all’amara verità che ormai la strategia del terrorismo dell’Isis e di chi lo appoggia allarga il suo efferato raggio di azione ai simboli religiosi. Anche nel vecchio Continente. Siamo tutti avvisati. Ma sarei prudente nel considerarlo un salto di qualità o il preludio a nuove guerre di religione come avvenne nei secoli passati. In realtà e’ più convincente ancora una lettura che vede nel fanatismo islamista un coacervo di interessi e di estremismi in grado di esplodere a ripetizione sui bersagli più disparati soprattutto in un’ Europa impreparata, debole di suo, con poca o nulla solidarietà nel mondo, frutto anche dei suoi errori, delle sue furbizie, delle sue viltà. Ma le conseguenze del gesto che tocca la coscienza del mondo cristiano sono comunque gravi.
Oggi nel mondo ci sono 2 miliardi e poco più di cristiani mentre i mussulmani sono un miliardo e seicento milioni. La maggioranza vive la religione ovviamente con al suo interno un messaggio di spiritualità e di pace, ma potrebbe non bastare. Le previsioni legate agli andamenti demografici ma non solo sostengono che nel 2050 i fedeli delle due religioni saranno quasi alla pari, ma che poi comincerà il cammino, celere, verso il sorpasso. Se guardiamo i contesti politici ed economici ci accorgiamo però che tale competizione se esasperata e nutrita di intolleranze crescenti (frutto di paura ma anche di aggressività) può deragliare verso derive imprevedibili, rafforzando gli estremismi sul piano quantitativo e qualitativo.
È dunque una questione da non sottovalutare, anche perché,comunque sia, la motivazione religiosa diventa un ottimo pretesto da usare nella strategia del terrore, individuando nel cristianesimo quell’Occidente arrogante e ricco che ha costretto gran parte del mondo, con forti presenze islamiche, ad una soggezione fatta di miseria ed emarginazione. Da noi si fa appello ai moderati islamici affinché non diano coperture agli estremisti. Un ragionamento condivisibile ma che non porterà a grandi risultati e non solo per timori di ritorsioni. Il guaio sta nel fatto che le comunità islamiche vivono all’interno di un processo di espansione prepotente dell’islamismo con la sua potente carica competitiva sia all’interno che verso l’esterno e che frena anche la propensione dei moderati a rendere visibili e irrevocabili le prese di distanze dai violenti.
Certo il moderatismo islamico non può ignorare che alla lunga rischia reazioni volte all’esclusione ed al sospetto di portata non marginale. Dunque ben venga, intendiamoci, una ribellione in questo senso ma non ci conterei molto. Dobbiamo imparare a difenderci sempre meglio, con lucidità e senza scendere a ritorsioni altrettanto spietate. Elevando pero’ anche il tasso di convinzione religiosa in una società che da laicizzata è divenuta in tante realtà semplicemente scristianizzata. Le leggi, la prevenzione, i servizi di intelligence vanno perfezionati ma senza irrobustire l’anima dei popoli europei si va poco lontano.
La sfida non è a chi crede di più ma la forza della fede aiuta, rende più credibili. Del resto la riscoperta del Papa dello strumento della evangelizzazione va in questa direzione. Dobbiamo al tempo stesso non nascondere le diversità. Avere la convinzione di essere figli di un unico Dio e discendenti di Abramo non permise a San Francesco ed al Sultano di andare oltre un sincero e fraterno reciproco rispetto. Vero, profondo, ma che escludeva la possibilità di conversione in un senso o nell’altro. Qualche volta sarebbe bene ricordarlo. San Francesco, come è noto, ammansiva perfino i lupi.