M5s, politica e lobbies: chi può scagliare la prima pietra?

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-di ANGELO GENTILE-

 A volte i “lupacchiotti” che abitano il Transatlantico di Montecitorio amano travestirsi più che da nonna di Cappuccetto Rosso, proprio da Cappuccetto Rosso e riscoprono pulsioni ingenue sino a quel momento ai più sconosciute. Capita anche di finire per essere vittime del proprio oltranzismo. E’ quello che è accaduto a Luigi Di Maio, premier in pectore del Movimento 5 stelle. Motivo dello scandalo: le lobbies. E’ noto che nel passato i pentastellati abbiano mostrato un certo acredine verso lobbies e lobbisti puntando il dito contro i partiti di governo salvo, poi, correre di gran carriera a quei famosi Forum lacustri dove certo non mancano le une e gli altri. Tempi diversi, comunque: il Movimento 5 stelle era partito di opposizione e non pensava di colmare la distanza da Palazzo Chigi in così breve tempo.

Adesso, però, i sondaggi parlano, anzi urlano: la “creatura” di Beppe Grillo può contare sulla maggioranza relativa dei consensi non del corpo elettorale ma di coloro che si recano fisicamente alle urne. A questo punto bisogna accreditarsi come forza di governo, dismettere i panni di Cappuccetto Rosso e fare i conti con lobbies e lobbisti perché la loro esistenza è accertata insieme alla loro resistenza al mutamento dei tempi. Il problema, semmai, è un altro: come farsi condizionare il meno possibile da questi gruppi di interesse, come evitare che le porte del tempio si spalanchino davanti a questi “mercanti”. Compito non facile e a cui la politica non sempre ha saputo rispondere opponendo una fiera e ferma resistenza. Questo è il paese in cui il centro-sinistra, quello degli anni Sessanta, fu costretto dalle pressioni pesanti che arrivavano sino al Quirinale e che misero in moto anche “progetti golpisti”, a rinunciare a un intervento di riforma qualificante: il riordino urbanistico.

I gruppi di pressione possono sponsorizzare interessi malsani (pensiamo alla lobby delle armi negli Stati Uniti o anche a quella dei petrolieri o delle automobili) e possono anche sollecitare interventi in grado di garantire benefici a tutta la collettività. In ogni caso, bisogna farci i conti perché sono ineliminabili, partendo da posizioni etiche e da valori forti e non negoziabili. Cosa ha combinato Di Maio? Lo ha spiegato lui stesso su facebook: “C’è una società di lobbying italiana che ha elaborato uno studio sugli ultimi tre anni in Parlamento del M5S. Questo studio scientifico sconfessa molti luoghi comuni con cui ci hanno sempre attaccato. Si sono studiati 35.000 proposte del M5S ed hanno analizzato il nostro comportamento. Ieri sera (giovedì, 20 luglio, n.d.r.) sono stato volentieri alla loro presentazione dell’elaborato”.

Conoscendo bene il tipo di critiche cui sarebbe andato incontro, ha aggiunto: “Io non ce l’ho con le lobbies. Esiste la lobby dei petrolieri e quella degli ambientalisti, quella dei malati di cancro e quella degli inceneritori. Il problema è la politica senza spina dorsale, che si presta sempre alle solite logiche dei potentati economici decotti. Abbiamo anche discusso di regolamentazione delle lobbies. È dal 2014 che mi batto per un regolamento sui lobbisti alla Camera. Il rapporto tra portatori d’interessi e politica va regolato per Legge”. Un discorso più o meno condivisibile, su cui ci si potrebbe anche confrontare se non fosse per la “caduta” sulla lobby dei malati di cancro che lobby non sono perché avrebbero un solo interesse: quello a non esserlo. Semmai sono altre le lobby che trasformano le malattie, i drammi personali, in una occasione di arricchimento.

Ma al di là di questa aspetto, la polemica ha riguardato in larga misura un altro versante. E questo punto altri si sono travestiti da Cappuccetto Rosso. Giorgia Meloni, ad esempio che ha bollato la cosa in questa maniera: “Il candidato in pectore del Movimento 5 Stelle alla carica di premier, Luigi Di Maio, ha voluto incontrare 100 lobbisti per rassicurare i gruppi di interesse. Il messaggio di Di Maio è chiaro: ‘non preoccupatevi, noi grillini abbaiamo ma non mordiamo, con noi i lobbisti e gli affaristi non hanno nulla da temere. Ma secondo voi, com’è che questi lobbisti non invitano mai Giorgia Meloni alle loro kermesse?”. Prendiamo in parola la signora, ma bisogna anche sottolineare che all’epoca del sindaco Alemanno, che se non andiamo errati ha fondato insieme a lei Fratelli d’Italia, non è che in Campidoglio le lobbies mancassero perché se non c’erano allora non si capisce come sia potuta venir fuori una inchiesta come Mafia Capitale.

A sua volta, Alessia Morani, vice-presidente del gruppo Pd alla Camera, ha tuonato: “Casta a 5 Stelle: in due anni Di Maio è passato dal dare dei ladri alle lobby ad andarci a braccetto ma in gran segreto”. Anche in questo caso, dopo lo scandalo delle banche forse un po’ di prudenza sarebbe stata utile. Ma il meglio lo dà Gianfranco Librandi un “sopravvissuto” di Scelta Civica affermando: “Dal popolo alle lobby, il passo è breve: prima voleva cacciare i lobbisti dal parlamento, oggi li incontra e ci parla. Luigi Di Maio si sta scoprendo parte della tanto vituperata casta, su cui il Movimento 5 Stelle ha fatto le sue fortune politiche. Spero che Di Maio abbia capito che il confronto tra lobbisti e politici è importante perché vengono rappresentati gli interessi dell’industria e delle aziende che producono lavoro, ricchezza e benessere. Per premiare questo sforzo, darei a Di Maio la tessera onoraria del Bilderberg”. E loro, quelli di Scelta Civica, sanno bene di cosa si parla visto che il fondatore, Mario Monti, è un assiduo frequentatore del club Bilderberg.

E mentre gli avversari dei pentastellati si scatenano per sottolineare l’incoerenza di Di Maio e compagni, i simpatizzanti su Facebook versano lacrime amare sull’improvvisa “perdita dell’innocenza”. C’è chi la butta sul “commerciale”: “Senti Luigi, ti adoro, ma non sono scema. Le lobbies vi vogliono vedere perché hanno capito che sarete la nuova forza di governo e vogliono capire come vi possono sfruttare. Il vostro datore di lavoro siamo noi e le lobbies presto vi tireranno per la giacchetta, come è sempre successo. Niente accordi con nessuno”. A parte l’idea piuttosto balzana della relazione tra rappresentanti e rappresentati (in democrazia non si può parlare di “datori di lavoro” anche perché nelle aziende i rapporti non sono per nulla democratici), in fondo la “grillina” delusa non sbaglia. Non mancano ovviamente i “duri e puri” che sostengono: “Le lobby devono sparire per sempre, sono loro che distruggono le società coi loro tentacoli, altro che “non ce l’ho con loro”. Parole anche belle e condivisibili ma venate di una ingenuità che rasenta la cecità. Perciò la morale finale ha un sapore quasi evangelico: al momento c’è qualcuno che può tranquillamente scagliare la prima pietra?

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