-di SANDRO ROAZZI-
Pensioni, si avvicina il momento della verità. La salita sembra meno impervia, il lavoro fra le parti c’è e delinea soluzioni che magari non confluiranno in un accordo formale ma potrebbero dare soddisfazione alle aperture del Governo sulle questioni aperte e al ruolo sindacale. In più potrebbe dimostrare che la stagione dell’indifferenza è finita: confrontarsi su problemi concreti è possibile e può dare frutti. Si vedrà se la direzione è quella buona già nella prossima settimana.
In ballo ci sono problemi sociali acuiti dalle leggi precedenti, Fornero inclusa, che non possono essere disgiunti da una verifica sui costi.
Passi avanti si intravedono, ma proviamo a dare loro un volto esemplificativo: per i lavoratori precoci potrebbe essere utilizzato un bonus contributivo per gli anni di inizio del lavoro, fra i 15 e i 18, in modo tale da permettere loro di andare in pensione con 41 anni di contributi. Stiamo parlando per lo più di lavoratori nati fra il 1960 e il 1965, apprendisti, spesso residenti nel laborioso nord est. Alla fine degli anni Settanta questo fenomeno con la scolarizzazione e più redditi da lavoro in famiglia si è molto ridotto.
Forse tema minore ma non privo di valore è quella della ricongiunzione fra diversi periodi contributivi. Di solito chi portava all’Inps contributi di altri enti non pagava nulla. Mentre altri “traslochi” erano e sono onerosi.
Inoltre fino ad ora questo tipo di ricongiunzione non valeva per chi non aveva diritto alla pensione in nessuno dei percorsi contributivi. Ora si sta valutando di superare questo aspetto che permetterebbe in particolare ai lavoratori interessati di non deprezzare il pezzo di contributi legato al migliore calcolo retributivo. E ci sono lavoratori certamente coinvolti da questa ipotesi come quelli che, ad esempio, sono passati da un impiego pubblico alla miriade di società partecipate, che saranno finalmente sfoltite ma anche con inevitabili riduzioni di personale.
Meno facile prevedere come andrà a finire per i lavori usuranti: il governo pare intenzionato a fare qualcosa ma sull’esistente, i sindacati puntano ad allargare la platea inserendo figure professionali nuove. Il nodo è come considerare la speranza di vita, oggi calcolata in modo troppo automatico, e che invece si riduce in questi casi. Contrattarla periodicamente, ma non è agevole, oppure disegnarla in modo più soft? Forse…buona la seconda.
Infine c’è il boccone più grosso da ingoiare: l’anticipo pensionistico, ovvero l’Ape. La discussione sarà serrata: il Governo è intenzionato ad agevolare chi è in difficoltà, come coloro che sono licenziati restando senza lavoro e pensione, intervenendo sul costo degli interessi e dell’assicurazione, ma non pare in modo integrale come vorrebbero Cgil, Cisl e Uil. Quei lavoratori anziani che invece vorranno ”pensionarsi” pur potendo restare al lavoro potrà farlo con l’Ape ma accollandosi presumibilmente l’onere di interessi ed assicurazione. Pagheranno un dazio di circa il 20% se l’anticipo è di tre anni. Ma è presto per trarre conclusioni definitive. Infine le aziende in ristrutturazione: vogliono mandare a casa lavoratori anziani con l’Ape? Non è un treno gratis, pagheranno il costo del biglietto. E… furbizie a piedi, si spera.
Per quanto riguarda il blocco delle rivalutazioni, invece niente, come se chi prende sopra i 4 volte al minimo abbia una pensione ricca. Tutti gli avvocati stanno facendo ricorsi, il Governo non pensa di dare delle risposte?