Si è scissa Scelta civica. Al tavolino di un bar

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Scelta civica si è scissa. Probabilmente il divorzio è avvenuto a un tavolino del bar Giolitti, proprio di fronte a Montecitorio: essendo sette in tutto, bastava e avanzava. Tre, compreso un vice-ministro identificabile soprattutto per via delle scelte cromatiche in fatto di occhiali, sono volati tra le braccia di Denis Verdini che a livello di scelte civiche ha sempre brillato. Quattro sono rimasti fedeli alla vecchia ditta (come direbbe Pierluigi Bersani). Adesso si contendono il simbolo anche perché fra qualche tempo sarà un vero e proprio oggetto di culto per collezionisti. Modernariato, un po’ come certi mobili degli anni Sessanta: rari come gli elettori di quella formazione politica che adesso nemmeno i sondaggisti riescono più a identificare nelle loro stime. Fu nel 2013 la grande invenzione di Mario Monti che dopo aver messo in ginocchio l’Italia, pensò bene di organizzarsi un partito forse per infliggergli il colpo di grazia. Il professore continua a imperversare in televisione, a frequentare i soliti circoli finanziari e a distribuire consigli e consulenze a pagamento. Loro, i parlamentari di Scelta Civica sembrano personaggi danteschi: vagano e, come disse in un altro contesto l’arguto Rino Formica, cercano chi casa, chi una semplice roulotte, chi un modesto capanno. Ma considerati i numeri, ormai siamo alla vecchia e scomoda “canadese”.

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