-di SANDRO ROAZZI-
Sono quasi 200 miliardi le sofferenze bancarie (crediti concessi ma difficile da recuperare) secondo la Banca d’Italia. In percentuale sono in lieve calo ma è magra consolazione. Migliori i segnali che arrivano dall’Ecofin con Piercarlo Padoan e Mateo Renzi fiduciosi. Entro ottobre, dicono all’Eurogruppo, un’intesa è possibile. Nel mentre non ci saranno probabilmente sanzioni per lo sforamento del deficit di Spagna e Portogallo (procedura aperta però, salvare le apparenze) e con la nuova inquilina designata di Downing Street Theresa May che vuole rispettare il Brexit.
In questo momento l’Europa più che una… espressione geografica assomiglia ad un magma indistinto. I compromessi sono l’unico modo per campare. Del resto il Fmi tempesta con previsioni poco benevole sulla crescita: per l’Italia un Pil sotto l’1% quest’anno, all’1% nel 2017.
Le banche sono dunque l’epicentro dell’attenzione generale. Poco spazio per altri argomenti come quelli dei contratti che hanno visto a Roma riunito l’attivo di Cgil, Cisl e Uil con centinaia di delegati provenienti da tutta Italia. E’ stato il giorno… dell’unità contrattuale del sindacato, con le divisioni del passato “inesigibili”. Dodici milioni di lavoratori senza rinnovo. Sarebbe uno scossone per la domanda interna anche se le chiusure che il sindacato ha di fronte sono tenaci: Federdistribuzione nel commercio, le (poche) risorse dello Stato nel pubblico impiego, Federmeccanica nel settore metalmeccanico.
Eppure la scelta della contrattazione assume un significato più generale: il tentativo di riappropriarsi di un protagonismo da parte di Cgil, Cisl e Uil che passa appunto per la contrattazione e le relazioni industriali. Il contratto non è solo regole e tabelle ma serve a far partecipare i lavoratori alla vita delle imprese, sottolinea la leader della Cisl Annamaria Furlan. Siamo per sviluppare la contrattazione in azienda ma questa non può sostituire i contratti nazionali che sono il punto di unità del mondo del lavoro, sostiene Susanna Camusso. E Carmelo Barbagallo chiarisce: nella legge di stabilità vogliamo le risorse per i contratti pubblici, per la flessibilità in uscita, i lavori usuranti, l’adeguamento delle pensioni, gli ammortizzatori sociali. Appuntamento a settembre, quando si vedrà se i sindacati terranno i tavoli o li… manderanno per aria.
I contratti come punto di partenza per influire sulle politiche economiche più generali. Non a caso si è ricordato che negli anni Sessanta la contrattazione aziendale soprattutto nelle grandi imprese pubbliche fece da apripista per la conquista di importanti diritti dei lavoratori. Viceversa finora Governo ed imprese ragionano su aumenti selettivi e non più generali nel contratto nazionale, una sorta di preludio al suo ridimensionamento. I sindacati sono convinti di poter reggere ed offrono ai lavoratori un punto di riferimento tradizionale ma chiaro ed unitario. Ed oggi sapere chi si ha di fronte e cosa vuole è già di per sé una… innovazione. Da vedere se Governo ed imprese vorranno accorgersene.