-di SANDRO ROAZZI-
Nel corso della presentazione del bel libro di Silvano Miniati “Una ragione c’è” che riflette sul ruolo degli anziani come “risorsa” di questa nostra società, Gianni Geroldi, economista di grande esperienza sui temi previdenziali osservava che non è più possibile ingessare in schemi rigidi i grandi problemi economici e sociali, dall’organizzazione del lavoro al welfare. Occorre invece un approccio più flessibile che tenga conto della velocità dei cambiamenti. In un certo senso, voluto o no è tutto da vedere, questa è la caratteristica del confronto in atto sulle pensioni fra Governo e sindacati che procede anche a luci spente. E non è un caso che su alcuni dei problemi sul tavolo ci siano spiragli: appare possibile una soluzione per i lavoratori precoci con l’uscita dal lavoro a 41 anni di contributi senza penalità, come pure per le ricongiunzione fra periodi contributivi oggi troppo esosa e, forse, un domani meno.
Un capitolo a parte è la vicenda degli esodati: per chiudere questa annosa, e penosa al limite dell’incredibile, storia occorrerebbe una… ottava salvaguardia che potrebbe essere faticosamente assicurata. Meno promettente invece la sorte dei lavori usuranti. Resta l’incognita dell’anticipo pensionistico, l’Ape, sul quale la discussione è sullo sfondo ma tutta aperta. In compenso crescono i dubbi sulla ricaduta di uno degli strumenti da mettere in atto per il… mutuo pensionistico: la ricaduta degli oneri assicurativi collegati alla attesa di vita che potrebbero assottigliare in maniera non irrilevante l’assegno pensionistico già gravato di interessi (pagherà lo Stato?) e della riduzione ad opera della rata. Tema spinoso, forse l’ostacolo peggiore anche se i sindacati sono più propensi a chiedere una modifica della legge Fornero.
A questo punto conta anche il fattore tempo. È fuori di dubbio che per i sindacati sarebbe un buon risultato registrare per luglio alcuni punti fermi, ovvero non restare a mani vuote. Settembre pare essere invece il mese preferito dal Governo per arrivare ad una “stretta”. Ma settembre è il mese nel quale la Gran Bretagna saluterà l’Unione Europea con le prevedibili turbolenze in arrivo che potrebbe avere, come sostengono la Bce e la Confindustria, un effetto depressivo sul Pil di quest’anno e del prossimo 2017 confinandolo ben sotto l’1%. Insomma una partita complessa anche perché conterà sempre di più il potere di veto del Ministero dell’Economia alle prese con una Europa indecifrabile e la difficile definizione della legge di stabilità.
Certo, con il fiato sul follo dell’Europa e quello dei problemi che provengono dalla politica interna il Governo potrebbe optare per un atteggiamento interessatamente più …comprensivo. Nel frattempo almeno l’occupazione da una mano: i dati Istat fanno pensare ad una sua stabilizzazione positiva con una disoccupazione calante sia pur di poco, mentre resta grave la questione del lavoro per i giovani. Ma di questi tempi anche dati considerati come consolidati vengono messi nuovamente in discussione nel giro di poco. E le aspettative continuano ad essere il vero tallone di Achille della situazione.