La capriola di Di Battista: coniugare Spinelli e Farage

 

Foto Roberto Monaldo / LaPresse13-01-2015 RomaPoliticaTrasmissione tv "Porta a Porta"Nella foto Alessandro Di Battista (M5S)Photo Roberto Monaldo / LaPresse13-01-2015 Rome (Italy) Tv program "Porta a Porta"In the photo Alessandro Di Battista

-di ANTONELLO DI MARIO-

Movimento 5 Stelle in ordine sparso rispetto all’Europa. Ancora risuona a Montecitorio l’eco dell’attacco frontale di Alessandro Di Battista al premier Matteo Renzi: “Avete tradito lo spirito dei padri fondatori dell’Unione Europea”. Quei padri, per chi ha letto il Manifesto di Ventotene, sono Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann che, reclusi nel 1941 al confino sull’isola pontina di Santo Stefano determinarono le basi del movimento federalista europeo tendente alla creazione di un`Europa federale, libera e unita. Un così alto riferimento europeista si scontra, però, con la collocazione che i M5S hanno confermato nell’assemblea parlamentare di Strasburgo, ovvero nel gruppo EFDD, lo stesso del leader del partito inglese Ukip Nigel Farage (ieri apostrofato duramente da Jean Claude Junker nel corso della riunione del Parlamento: “E’ l’ultima volta che applaude qui. In un certo modo sono sorpreso che lei sia qui, non ha combattuto per portare il suo popolo fuori dall’Europa?”).

In un’intervista pubblicata sul “Corriere della Sera”, la settimana prima dello svolgimento del referendum che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, Farage era stato esplicito :“Grillo e io – ha confessato ad Aldo Cazzullo, inviato a Folkestone- distruggeremo la vecchia Unione Europea. Il 19 giugno i 5 Stelle eleggono il sindaco della capitale e cambiano l’Italia. Il 23 giugno la Gran Bretagna esce dall’Unione e cambia l’Europa. Avremo un effetto domino. Dopo di noi gli altri Paesi del Nord se ne andranno uno dopo l’altro. Per prima la Danimarca; poi l’Olanda, la Svezia, l’Austria. Questo referendum è l’evento più importante dal 1957: l’Ue sta per crollare. Disintegrata in tanti pezzi”.

Eppure è stato Luigi Di Maio, un dirigente del movimento pentastellato apprezzato da Grillo, subito dopo il voto referendario in questione, a rasserenare gli animi. Il vicepresidente della Camera dei Deputati ha sottoscritto, invece, quanto dichiarato da Beppe Grillo nel giorno della consultazione britannica: “Il Movimento 5 Stelle è in Europa e non ha nessuna intenzione di abbandonarla”. Insomma: “Non abbiamo mai messo in discussione – ha spiegato Di Maio- la permanenza dell’Italia nell’Unione Europea”. Europa sì, ma euro no per i M5S ripropongono un referendum consultivo sulla moneta unica. “I cittadini devono poter scegliere su questo argomento”, ha spiegato Di Maio che ha anche ricordato le 200.000 firme presentate in Parlamento per sostenere la loro proposta (in realtà, però, è necessaria una Legge Costituzionale non una semplice petizione).

In un certo senso i pentastellati cavalcano l’onda del successo referendario del Brexit, ma tengono a presentarsi rassicuranti, come una tranquilla forza di governo, in vista delle elezioni politiche in Italia, previste per la primavera del 2018. Ma quella di Di Maio verso l’Europa è una marcia intrapresa nella primavera scorsa e precisamente il 23 marzo del 2016. In quell’occasione il vicepresidente della Camera ha incontrato, presso l’ambasciata olandese a Roma, i 28 diplomatici delle 28 ambasciate dei paesi Ue presenti nella capitale. “In sostanza, ad essere oggetto di attenzione – ha scritto l’Huffington Post a proposito di quell’incontro- è la metamorfosi che il Movimento 5 Stelle ha messo in atto: da forza populista a partito con ambizioni di governo. Così gli ambasciatori hanno voluto capire se questa evoluzione esiste davvero. E per questo c’è stato spazio anche per qualche domanda su cosa farebbe il Movimento se fosse al governo, quindi progetti e programmi tra cui il reddito di cittadinanza. Nel dettaglio la figura di Di Maio è stata esaminata per capirne il profilo dal momento che sembra essere il più accreditato come candidato premier alle prossime elezioni politiche”.

Il mese successivo Di Maio è volato a Londra per una serie d’incontri con esponenti dei due principali partiti britannici, Laburisti e Tories. In agenda, anche l’appuntamento con un esponente dell’Ukip, non il leader Nigel Farage, ma il deputato Douglas Carswell: “Con Ukip –ha detto il giovane politico italiano, quasi giustificandosi- abbiamo solo un’alleanza tecnica all’Europarlamento fondata sulla passione comune per la democrazia diretta”. Se Di Maio tende la mano alle feluche europee e va oltre-Manica, un suo collega di partito è ora in Russia. Il deputato Manlio Di Stefano che fa parte della Commissione Esteri della Camera è infatti da domenica a Mosca per partecipare al congresso di “Russia Unita”, il partito del presidente Putin. Di Stefano insieme ad Alessandro Di Battista era già stato al parlamento russo della Duma qualche mese fa per discutere delle sanzioni imposte alla Russia dalla Ue che il M5S non ha mai condiviso. Davanti a tanta geopolitica penta-stellata il pensiero ritorna proprio alle parole di Di Battista udite ieri alla Camera dei Deputati: “Voglio un referendum sull’euro – ha tuonato- perché penso che non sia una moneta ma un sistema di governo attraverso il quale le banche centrali stanno controllando le politiche fiscali, valutarie e monetarie dei paesi, togliendoci un’importantissima arma economica”.

In linea di principio, forse, anche Altiero Spinelli e i suoi compagni di confino a Ventotene, sarebbero potuti essere d’accordo con un’affermazione di tal genere. Ma a quel tempo, per loro esisteva solo il problema della libertà privata dal fascismo. Proprio un’altra storia, rispetto all’esigenza del M5S di presentarsi, a fasi alterne, come di lotta e di governo. Allora c’era da fare l’Europa, mentre ora si rischia l’opposto.

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