Un tetto vero per Casa-Europa

BC EU Europe Looking Up

-di MAURIZIO BALLISTRERI-

L’Europa è ostaggio delle banche. Dell’austerità e dei burocrati ancorati “agli assurdi” parametri di Maastricht: è il j’accuse di Gael Giraud, economista francese, consigliere personale (“poco ascoltato”) del presidente Francois Hollande, ma anche sacerdote gesuita. Prima di stracciarsi le vesti, i pretoriani dell’euro (non dell’Europa dei popoli!) dovrebbero fare una severa autocritica su cosa sia l’Unione, che qualcuno definisce una sorta di IV Reich finanziario guidato da Frau Merkel, con tanti “governi Quisling” (dal nome dell’ufficiale norvegese filo-nazista e collaborazionista, che guidò il “paese dei fiordi” dal 1942 sino alla fine della II guerra mondiale) nei vari Stati dell’Ue, con l’impoverimento delle classi sociali più deboli e del ceto medio, generato disoccupazione di massa specie per le giovani generazioni, consentito un’immigrazione senza controlli al tempo del terrorismo religioso.

Non servono, of course, le critiche al popolo inglese sul loro presunto nazionalismo permeato dai ricordi imperiali e, comunque, nostalgico quanto meno del bel tempo del Commonwealth, e le accuse a Buckingham Palace di avere sostenuto l’uscita dell’Ue, in cui riecheggiano gli epiteti di mussoliniana memoria, come la “perfida Albione” (che invero il duce del fascismo prese in prestito dal marchese Agostino di Ximenes, francese di origine spagnola, autore alla fine del Settecento di un verso che diceva Attacchiamo la perfida Albione nelle sue acque), ma una serena riflessione sulle prospettive europee e una severa autocritica.

Brexit uguale Euxit, dunque? La realtà dei fatti è questa: la Gran Bretagna, che ha dato prova ulteriore del funzionamento della democrazia “modello Westminster”, da tempo temeva che il progetto Europa possa alla fine deflagrare, schiacciato da veti incrociati, mancanza di politica e di un disegno comune. Per questo la parola d’ordine a Berlino come a Bruxelles, è la separazione dei rischi finanziari: dovesse collassare l’Ue, una crisi avrebbe il carattere di un’epidemia sistemica, meglio quindi costruire reti di protezione (sempre degli interessi tedeschi!).

La vittoria del no all’Europa può produrre un “effetto-domino”, che porterebbe alla disgregazione dell’Unione, stimolando i processi di riappropriazione della sovranità nazionale da parte degli Stati membri, con un effetto emulativo soprattutto da parte di quei paesi nordici, Olanda, Finlandia in primo luogo, che ormai sostengono tesi euroscettiche, e che rappresentano gli alleati storici dell’austerity tedesca, in danno soprattutto dei Paesi mediterranei dell’Ue.

Il rischio connesso con il Brexit è, quindi, la fuga in massa dall’Unione, in cui già si avvertono chiari sintomi di nazionalismo ed egoismo, come testimoniano le barriere alle frontiere alzate, in forma diversa, da Austria, Ungheria, Svezia, Danimarca e quelle annunciate dalla Polonia.

Sono di straordinaria attualità del parole di Sandro Pertini nel 1984, alla cerimonia di consegna del Premio europeo della Fondazione Coudenhove-Kalergi: “Lo sbocco cui tutto ciò, se non contrastato in tempo, condurrebbe è, non bisogna nasconderselo, l’emarginazione dell’Europa dal cosmo politico…Anche per De Gasperi la “Casa Europea” necessitava del “tetto politico”; altrimenti, sulle sue sole fondamenta economiche, avrebbe potuto franare”.

E allora ci vuole subito una drastica correzione di rotta per l’Unione europea, ponendo fine all’austerity, stimolando gli investimenti con liquidità per le famiglie e per le imprese e non per le banche, assumendo misure contro la burocrazia imperante a Bruxelles, per costruire l’Europa dei diritti sociali e non quella dei banchieri, degli eurocrati e della moneta unica: quella sognata da Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, troppe volte citati impropriamente dagli europeisti della moneta unica.

 

 

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