Populismi: un sostantivo diventato di moda negli ultimi anni con i successi elettorali che hanno sconvolto la mappa della politica europea. Ma cosa hanno in comune il Movimento 5 stelle e Alternativa per la Germania, cioè due di quei partiti che vengono normalmente definiti populisti? A questo interrogativo ha dato una risposta il giovane ricercatore tedesco Jacob Schwörer e il suo lavoro pubblicato su iniziativa della Fondazione Nenni per la nuova collana Bussole di Bibliotheka edizioni, sarà presentato domani alle ore 16.30 presso la sede nazionale della Uil in via Lucullo, 6 a Roma. Al dibattito parteciperanno il segretario generale della Confederazione, Carmelo Barbagallo, l’ex ministro del lavoro, Cesare Salvi, il Consigliere scientifico della Fondazione Ebert, Michael Braun, e il Presidente della Fondazione Nenni, Giorgio Benvenuto. Il dibattito su questi temi si intreccia con quello sulla crisi dell’Unione Europea e sul futuro di una costruzione che tanto aveva appassionato la politica nell’immediato dopoguerra e che al contrario, a settantun’anni di distanza dalla fine del conflitto, tanto divide le opinioni pubbliche dei diversi paesi del continente. “Populismi. Il Movimento 5 stelle e l’ Alternativa per la Germania” prova a offrirci non solo dei temi di discussione ma anche delle analisi per capire il nostro presente e soprattutto il nostro futuro. Ci piace presentare questo lavoro attraverso l’introduzione con la quale Cesare Salvi ha voluto illustrare la ricerca di Jacob Schwörer.
-di CESARE SALVI-*
Uno spettro si aggira per l’Occidente: lo spettro del populismo. Il termine viene usato anzitutto per descrivere un dato della realtà: nelle elezioni che si succedono ottengono risultati inattesi e consensi sempre crescenti forze politiche e personalità che fino a tempi recenti non esistevano, o erano ai margini del sistema politico. Per gli esempi, non c’è che l’imbarazzo della scelta: Afd in Germania e Movimento 5 stelle in Italia (che costituiscono l’oggetto del libro di S.), ma anche la Lega di Salvini, il Fronte nazionale in Francia, Podemos, Syriza, l’Ukip britannico, il partito liberale austriaco, gli analoghi partiti del Nord Europa, i neoautoritari dell’Est, i risultati alle primarie Usa di Trump e Sanders e a quelle britanniche di Corbyn….
Vecchi o nuovi outsiders conquistano la scena politica e il consenso degli elettori, sconvolgendo spesso il tradizionale bipolarismo centrodestra-centrosinistra.Si parla a questo proposito di “populismo”, e l’espressione viene usata in senso critico, come sinonimo di irresponsabile demagogia; anche se Marine Le Pen la ha rivendicato in una recente intervista a un quotidiano italiano: se “rimettere i francesi al centro delle politiche pubbliche” significa essere populisti, “allora sì, io sono populista”. Il bel libro di S. ci insegna invece che bisogna anzitutto capire, e poi bisogna differenziare: i “populismi” non sono tutti eguali tra loro.
- riprende anzitutto l’idea del populismo come un nuovo tipo di ideologia, “thin-centered”, che considera la società come divisa in due gruppi contrapposti: il popolo omogeneo e onesto contro un’élite corrotta e interessata solo a conservare il potere.
Ma proprio perché si tratta di una ideologia “sottile”, può essere combinata con altri elementi ideologici, che si differenziano nei diversi casi, collocandosi in uno spettro che va da destra a sinistra.
- individua tre tipologie di populismo, di destra, di sinistra o inclusivo, sulla base di quello che viene considerato il soggetto da contrapporre al popolo “puro”.
Il populismo di destra si focalizza sull’esclusione dal “popolo” di determinati gruppi culturali, religiosi ed etnici, considerati estranei e pericolosi. Per il populismo di sinistra, l’avversario sono le oligarchie e gli attori economici: banche, finanza, tecnocrazia sovranazionale. Il populismo inclusivo indica invece nell’insieme delle élite (economiche e politiche soprattutto) l’avversario del “popolo”, includendo invece il resto (la grande maggioranza) dei cittadini.
Sulla base di questa classificazione, dei due soggetti politici esaminati l’Afd deve considerarsi una forza populistica di destra, e il Movimento 5 stelle, invece, espressione di un populismo inclusivo. Questa caratterizzazione differenziata, molto rilevante ai fini del giudizio politico e anche delle valutazioni di prospettiva, non esclude che le cause fondamentali del successo dei populisti siano individuabili in fattori comuni: la preoccupazione di larghi settori della popolazione (ceti medi e lavoratori) per il peggioramento della loro condizione economica e sociale, e la sfiducia nei confronti delle istituzioni politiche, considerate incapaci di reagire a questo declino sociale, e anzi spesso corresponsabili di esso. A questi fattori si aggiunge (e nel populismo di destra diventa centrale) la diffusa preoccupazione per il fenomeno migratorio.
Il populismo, nelle sue diverse manifestazioni, appare così in un certo senso interclassista. È significativo che dalla ricerca di S. emerga che sia Afd che 5 stelle traggono i loro voti da un elettorato che in precedenza aveva votato a destra, al centro o sinistra. E analizzando i recenti successi di Afd nelle elezioni regionali tedesche, S. segnala che la maggior parte dell’elettorato è costituita da lavoratori di bassa categoria e da disoccupati (come del resto è avvenuto per Donald Trump nelle primarie repubblicane).
Dalla ricerca di S. è possibile trarre importanti elementi di riflessione. Il primo è che inseguire il populismo sul suo terreno non è la migliore risposta, come dimostra il risultato delle elezioni presidenziali austriache, con la clamorosa sconfitta dei partiti di governo nonostante la linea “dura” assunta prima del voto sull’immigrazione. Fortunatamente nel secondo turno il candidato del “partito della libertà è stato sconfitto, anche se per poche migliaia di voti; ma è significativo che a vincere sia stato un outsider, Alexander Van Bellen, rappresentante di una sinistra molto diversa da quella tradizionale. Bisogna piuttosto interrogarsi sulle cause del fenomeno. Le due ragioni di fondo indicate (il declino sociale e la crisi delle forme tradizionali della politica e della democrazia rappresentativa) hanno un loro fondamento reale e sono tra loro intrecciate.
La globalizzazione ha minato nell’intero Occidente la sicurezza economica della classe lavoratrice e dei ceti medi, sia per l’instabilità del lavoro sia per il ridimensionamento dello Stato sociale. Larghi strati della popolazione hanno visto effettivamente diminuire il proprio reddito, e spesso il proprio status, nell’ultimo decennio; e il sistema politico tradizionale, e forse gli stessi meccanismi della democrazia rappresentativa, si sono mostrati in difficoltà nel reagire a questo dato, che i gruppi politici dirigenti anzi talvolta mostrano di non comprendere nemmeno. Ne è derivata una crescente sfiducia nei confronti della classe dirigente e dello stesso sistema politico, percepito come difensore degli interessi dei “poteri forti”.
Il consenso si sposta quindi sui soggetti politici “populisti”, o evapora nell’impressionante crescita dell’astensionismo (un populismo del rifiuto?).È evidente allora che una risposta al populismo, e soprattutto al rischio che esso determini, nella sua variante di destra, derive nazionalistiche, autoritarie e xenofobe, richiede anzitutto politiche più attente al diffuso malessere sociale e in particolare al livello elevatissimo di disoccupazione o di cattiva occupazione.
Ma richiede anche un ripensamento delle forme della politica e della democrazia.Da un lato partiti politici che, senza naturalmente pensare a un impossibile ritorno ai tradizionali partiti ideologici e di massa, si diano però gli strumenti di motivazione valoriale e di partecipazione che tornino a renderli attraenti per coloro che vorrebbero aderirvi per ragioni diverse del carrierismo e del personalismo. Dall’altro lato, penso che occorre studiare, e introdurre, elementi di integrazione dei meccanismi della democrazia rappresentativa, anche ricorrendo a forme di democrazia diretta che gli strumenti offerti dalla rete rendono oggi più semplici e accessibili.
Il libro di S. offre insomma, con la ricchezza della sua analisi, importanti elementi di conoscenza e di riflessione su un fenomeno, quello del populismo, che appare più complesso, e più radicato nell’odierna realtà sociale e istituzionale, di quanto spesso si ritenga.
*Introduzione dal libro di Jacob Schwörer: Populismi il “Movimento 5 Stelle” e la “Alternativa per la Germania”, Bussole-Bibliotheka edizioni, pagg. 222, euro 20,00.