Una politica nuova contro la crisi demografica

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-di MARTINO LONGO-

La proposta del ministro della salute Lorenzin di raddoppiare il bonus degli 80 euro, introdotto dalla legge di stabilità del 2015, per le famiglie in cui nasca un bambino e un incremento di tale bonus per le famiglie con più figli, si inserisce in uno scenario disastroso per l’Italia che è agli ultimi posti in Europa per tasso di natalità. Infatti il nostro Paese è in costante decrescita da anni sotto questo aspetto e i dati evidenziano come il numero medio di figli per donna si attesti all’ 1,4% , ben al di sotto della soglia di sostituzione che consente una popolazione stabile, cioè 2,1 figli per donna e questo porterà tra dieci anni, a meno di un radicale cambio di rotta, ad una decrescita del 40% rispetto al 2010, ciò vuol dire 350 mila nascite in meno all’anno. Perciò uno scenario che mostra come l’Italia stia invecchiando rapidamente, ma senza dei giovani figli che possano prendersi cura di lei. Sicuramente questa è una proposta che potrebbe rappresentare un primo passo nel vuoto delle politiche di aiuto familiare praticamente inesistenti in Italia, di cui tutti da Destra e Sinistra si fanno portatori ma su cui nessuno ha realmente mai legiferato. Un passo, però, che con la qualità di un pannicello caldo. Perché il problema è più ampio e va dalla situazione economica (fotografata dall’Istat) che oggi impedisce sia I matrimoni che le gravidanze per finire alle condizioni dei servizi (pessime) che dovrebbero aiutare le donne a conciliare nella miglior maniera possibile lavoro, carriera e maternità.

Il tasso di decrescita dura da anni, ma nessuno sembra accorgersi della gravità di questi dati e nessuno ricerca la ragione prima di questa denatalità, che potrebbe nel giro di pochi anni ridurre drasticamente la forza lavorativa del nostro Paese, con un elevato numero di anziani che dovranno veder sempre più avvicinata l’età di pensione all’età di morte e con i pochi giovani che faticheranno ancor più ad entrare nel mondo lavorativo. Si potrebbe legare la tendenza negativa del tasso di fecondità alla crisi finanziaria del 2008, con la rinuncia di molti genitori ad accogliere una nuova vita nella famiglia per paura di non poterla mantenere, ma guardando i dati si può facilmente notare come il nostro Paese è caratterizzato da una bassa fecondità persistente da molti anni, un parabola discendente che inizia già alla fine degli anni ’90 e che vede sempre più crollare il numero medio di figli al 1,4 per donna. Questi dati italiani vanno letti in una tendenza globale di diminuzione del tasso di natalità, ma ovunque la riduzione è moderata sia in Europa con paesi come la Francia o paesi scandinavi sia nel resto del mondo come negli Stati Uniti dove il numero medio di figli si attesta attorno a due.

Perciò ad influire non sono solo le ragione economiche anche se queste hanno un elevato peso specifico basti pensare che in Italia si registra un elevato rischio di povertà per le famiglie con oltre due figli, che sicuramente influisce sulle scelte di una famiglia. Ma quello che manca è la concezione valoriale dei figli, che sono visti come un carico individuale che grava sulla coppia e sulle donne, non sono considerati come un bene in comune, bensì come un peso che ricade essenzialmente solo sulle spalle della famiglia, senza l’aiuto di uno stato che per primo non capisce che senza nascite arriverà presto alla deriva. Infatti in Italia manca ogni sostegno per chi decide di dare vita ad una famiglia, mancano politiche atte a creare un senso di fiducia verso il supporto che si può ricevere dallo Stato, mancano servizi in aiuto delle neo-famiglie, mancano sgravi fiscali o aiuti economici per chi decide di avere un figlio, manca l’aiuto per il reinserimento delle mamme nel mondo del lavoro, manca quel sostegno statale che in altri paesi Europei è presente. Infatti in Francia, da anni si sono sperimentate politiche familiari volte ad incremantare il tasso di natalità, politiche che vanno avanti sin dagli anni Cinquanta quando il paese era in decadenza demografia, con molti meno abitanti di Italia e Gran Bretagna, ma che dal 1973 in poi grazie anche a queste politiche è in continua crescita demografica , con un numero di figli per donna pari a 2, investendo nel sostegno alla maternità il 5% del Pil (in Italia meno del 4%).

Per il 90% delle famiglie francesci è previsto un bonus bebè da 923 euro che scatta al settimo mese di gravidanza, un sostegno alle famiglie che continua con un assegno familiare di 136 euro a partire dal secondo figlio, che diventa di 286 euro con il trerzo e via aumentando se cresce il numero di figli. Un aiuto che si rafforza dal quattordicesimo anno di età fino al ventesimo con l’aggiunta di 62 euro mensili, un aiuto non indifferente che porta in tasca delle famiglie complessivamente, per genitori con solo due figli, 7.000 euro. Politiche familiari come quella francese ce ne sono in tutta Europa, basti pensare all’Ighilterra dove I genitori ricevono 100 euro mensili per il primo figlio e 164 dal secondo in poi o alla Polonia con 124 euro mensili. L’Italia che guarda all’Europa per molte delle sue riforme, non riesce a emulare una politica di aiuto familiare, che è di vitale importanza per la sopravvivenza dello Stato, una riforma urgente che possa sostenere le famiglie e fare dei figli un valore, una risorsa per l’Italia intera.
Ma il problema del declino demografico, non si risolve solamente investendo su politiche economiche, infatti in Germania dove vengono investite cifre molto simili alla Francia per la famiglia c’è un forte declino demografico, questo sottolinea il fatto che la denatalità non è ancorata solamente a condizioni materiali come lavoro, economia, retribuzioni o prospettive occupazionali, perchè la Germania altrimenti dovrebbe rappresentare una delle nazioni con i più alti tassi di natlità e fecondità. Il problema perciò prima che economico è anche culturale ed ideale. Nella società individualistica nella quale viviamo, il primo pensiero è rivolto a sé in quanto individuo, realizzare sé a prescindere dalla famiglia, un discorso che porta l’uomo a chiudersi, a divenire una monade che è tutto in sé, ad una solitudine che toglie all’uomo quel carattere sociale che per primo lo distingue e di cui la famiglia è prima formazione. La tendenza perciò ad una deriva individualistica, porta l’uomo a relizzare prima sé e questo in parte spiega sia l’età sempre più avanzata in cui si decide di sposarsi sia come l’età della prima gravidanza, in in Italia, si stia spostando sempre più in avanti riducendo così la possibilità di avere più figli.

Perciò i fattori che influiscono sulla crisi demografica del nostro paese, sono culturali quanto economici, quello che la politica Italiana deve fare è creare un clima di crescente fiducia con politiche volte ad incentivare la nascita di giovani nuove famiglie che possano così accogliere nuove vite ed incrementare il tasso di nascite, per dare un nuovo futuro ad un Italia che sempre più invecchia e muore.

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