La ripresa va, ma pure il debito…

 

charting success

-di SANDRO ROAZZI-

La domanda interna sta carburando e spinge il Pil compensando il momento negativo di quella estera. E’ una delle novità dei dati Istat del primo trimestre che vede la ricchezza prodotta dal Paese aumentare dello 0,3% rispetto a quello precedente e dell’1% nei confronti di un anno fa. Ma l’Istat informa anche che ha rivisto i dati dal primo trimestre del 2012 secondo quella che è divenuta una prassi corrente. Se fossimo maliziosi però verrebbe da dire che la ripresina ha dovuto faticare non poco a convincere la statistica del suo, sia pur lento, emergere, fino alla attuale rivisitazione. Intanto siamo passati dal picco negativo del primo trimestre 2013, -0,9%, a questo +0,3% che però, tanto per evitare impropri trionfalismi, ci vede in coda a Paesi come la Francia (+0,5), il regno Unito (+0,4%) e la Germania con un +0,7/%, che può trovare nel prossimo futuro altro slancio per i consumi dal rinnovo del contratto di quasi 4 milioni di lavoratori metalmeccanici ed elettrici.

Le cose sono migliorate ma conviviamo sempre con due contraddizioni. Bankitalia comunica che anche ad aprile il debito pubblico ha macinato l’ennesimo record a quota 2228,7 miliardi che pesa soprattutto nei rapporti con Bruxelles anche se gli andamenti economici europei non permettono a nessuno di alzare troppo la voce. Certo è…l’ostaggio ideale per contenere le richieste italiane con le grane Brexit e Grecia alle porte. Ma il debito non scende anche perchè restiamo in deflazione, seconda voce negativa di questa fase economica.

La domanda interna rialza la testa, le immatricolazioni di auto marciano in doppia cifra eppure ad aprile i prezzi registrano una diminuzione dello 0,5% (peggiore della stima preliminare al -0,4%) su base annua e l’inflazione acquisita scivola ad un medesimo -0,5%. Se non è un mistero questo…Alcuni esperti tendono a valutare questo andamento singolare come la conseguenza di un duplice effetto sui prezzi: il timore a muoverli vista la stagnazione del mercato interno e la volontà di gran parte dei consumatori a rinviare gli acquisti. Insomma se la dinamica dei prezzi tornasse a vivacizzarsi nei prossimi mesi potrebbe convincere gli acquirenti che i ribassi sono finiti ed è inutile procrastinare ancora le scelte.

A quel punto il fiume ancora carsico della liquidità della Bce potrebbe riaffiorare in superficie correggendo la deriva deflazionistica. Che nel frattempo pare incoraggi a studiare possibili modifiche dell’Iva, utili per recuperare risorse (nell’ordine, forse, di una decina di miliardi). Il ragionamento è semplice: in tempi di deflazione aumenti Iva fanno …meno male. Ed un’operazione sulle aliquote, anche con un equilibrato setaccio di quelle agevolate, appare più fattibile

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