Fantasmi del passato,paranoie del presente

-di EDOARDO CRISAFULLI-

Per l’ennesima volta i Soloni della sinistra dura e pura, i guardiani immacolati del Santo Graal – la Costituzione repubblicana – salgono in cattedra e bacchettano a tutto spiano. L’uomo nero, oggi, è Renzi. Ieri era Craxi; ancor prima era Saragat. Le riforme di Renzi mirerebbero a rievocare, come in una seduta spiritica, il fantasma maligno dell’autoritarismo che ci perseguita senza posa dal 1945. Io sono ancora indeciso se votare sì o no al referendum costituzionale di ottobre. In verità, propendo per il sì, influenzato dal parere autorevole di Giorgio Napolitano e da un’argomentazione di Mauro Del Bue, ragionevolissima: non ha senso chiedersi se le riforme di Renzi siano perfette. Il punto cruciale è: meglio queste riforme imperfette o lo status quo e l’immobilismo? (“Cominciamo a ragionare sul referendum di ottobre”, Avanti!, 5.5.2016) La risposta, per me, è scontata: “il movimento è tutto, il fine è nulla” (ipse dixit Bernstein, padre del riformismo). Detto ciò, ho alcune perplessità.

Anzitutto una questione di metodo politico: avrei preferito che si percorresse la via nobile della Costituente. Né mi pare geniale l’idea di designare senatori cooptati dalle Regioni, peraltro “depotenziate”. In termini generali, però, sono d’accordo sull’impostazione di Renzi: governabilità, efficienza dell’esecutivo. Sacrosanta decisione quella di voltar pagina abolendo il bicameralismo paritario, figlio di un sentimento inattuale (il timore, appunto, dell’autoritarismo di ritorno).

In democrazia criticare severamente è cosa buona e giusta. Ma c’è chi passa il segno, e di molto anche. Gustavo Zagrebelsky, in vista del referendum, ha scritto un documento eloquente per l’Associazione “Libertà e Giustizia”, stralci del quale sono stati pubblicati sul Fatto Quotidiano (6 marzo 2016). Zagrebelsky, persona autorevole e competente, argomenta brillantemente le sue tesi, rifuggendo da facili slogan. Certe sue affermazioni iperboliche e roboanti però lasciano allibiti. Qui non si tratta di criticare idee infelici o pasticci. No, si tratta di salvare la Repubblica dalla rovina. La situazione è molto seria. Renzi “rovescia la piramide democratica”. È sua ferma intenzione cristallizzare l’infelice realtà di fatto in cui l’Italia è stata scaraventata: una oligarchia – il governo dei pochi, per giunta non eletti – prende in giro (e a pedate nel sedere) i cittadini. La riforma di Renzi “non è altro che la codificazione di questa perdita di sovranità”. La democrazia popolare è un’illusione. “Il popolo sovrano è stato spodestato”, non è più libero di determinare il proprio destino. Renzi intende rendere cronica la malattia che ci affligge: la terribile “disgregazione costituzionale” che diffonde i bacilli dell’infezione pestifera – “i latenti istinti autoritari.” Del resto, che possiamo aspettarci da questo “Parlamento illegittimo, eletto con una legge elettorale obbrobriosa, dichiarata incostituzionale, per l’appunto, per essere antidemocratica.”

La pensa così anche Alberto Asor Rosa, un grande intellettuale cui non manca la coerenza. Negli anni Ottanta si scagliava contro la supposta “mutazione genetica” del PSI craxiano. Oggi il bersaglio è il PD: Renzi, raccolto il testimone dai perfidi riformisti, si è dato “un gruppo dirigente conservatore di destra”. Eh, sì, bisogna essere chiari in caso qualcuno fosse sfiorato dal dubbio. Proprio come Craxi: Renzi è sia conservatore che di destra – il che è una ammissione che i conservatori di sinistra esistono davvero. E, continua imperterrito Asor Rosa, “qualsiasi atto del Presidente del Consiglio mira al restringimento della democrazia”. (“Renzi e Verdini preparano una destra autoritaria”, di Fabrizio d’Esposito, 10.10.2015 http://www.eddyburg.it). Questo, in sintesi, è il renzismo: robaccia che puzza di reazione lontano un miglio. Per dirla papale papale: “Poiché io incarno l’unica vera sinistra, chi non la pensa come me è automaticamente di destra, quella più becera e pericolosa peraltro”.

La demonizzazione (nessun nemico alla mia sinistra…) non è nulla di nuovo sotto il sole di casa nostra. Si può – anzi: si deve – dissentire da Renzi. Neppure io sono d’accordo con lui su tutta la linea. Ma l’attuale Presidente del Consiglio rimane il leader del principale partito del centrosinistra italiano. Affermare il contrario è disonesto intellettualmente. Si pensi, per esempio, alla legge sulle unioni civili: Berlusconi e Salvini l’avrebbero proposta? E la voteranno? Non c’è che dire: gli (autonominati) oligarchi del Sapere Democratico sono, loro sì, gli autentici difensori della Costituzione repubblicana e della fragile democrazia italiana minacciata dall’oligarchia malefica dei poteri forti! Il ragno nero tesse la sua viscida ragnatela e noi, ignari moscerini, ci finiamo dentro. Noi che non abbiamo la perspicacia, la lungimiranza dei Soloni.

Non si può comprendere il dibattito politico italiano senza conoscerne il sostrato culturale. C’è un fiorente genere politico-letterario che spiega certe pose indignate, l’invettiva apocalittica, il j’accuse cosmico. Un genere, questo, che ha quarti di nobiltà (“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta…”). In tempi recenti, si è coagulato in una linea di pensiero il cui indiscusso maestro è Pier Paolo Pasolini. Figura straordinaria, che però non capì nulla della società italiana del boom economico: a suo dire il consumismo, fenomeno con tinte demoniache, faceva da apripista a un nuovo fascismo strisciante – infinitamente più subdolo di quello storico. Un fascismo corruttore dei costumi italiani, inteso quindi come categoria etica/metafisica. La stessa DC, che pure era un architrave della democrazia, era portatrice di un “fascismo democristiano” (sic!). Fra gli stilemi pasoliniani, assorbiti dai Soloni odierni, spicca la sindrome del sospetto. C’è sempre all’orizzonte un complotto ordito da poteri occulti, spesso stranieri, in combutta con le nostre classi dirigenti corrotte e incapaci (il piano Gelli, naturalmente, è la madre degenere di tutte le cospirazioni, di tutti gli intrighi…). È così che si spiegano i nostri disastri nazionali. Sullo sfondo si staglia il mito dell’ideale rinnegato per un piatto di lenticchie: il Risorgimento tradito, la Resistenza tradita, la Costituzione tradita.

Nessuno studioso, men che mai se straniero, può comprendere la nostra cultura se non coglie questa nevrosi della psiche italiana. Per guarire, ci vorrebbe una terapia cognitiva con dosi massicce di empirismo, di spirito critico, di modernità laica. I nostri Soloni, sedicenti liberali, l’illuminismo lo sbandierano. In realtà, per loro è una medicina indigesta. Eugenio Scalfari, discepolo prediletto del liberale Pannunzio, nel corso della sua lunga carriera ha manifestato intolleranza e disprezzo per l’avversario a iosa, come un giacobino fatto e rifinito. Del resto, anche i marxisti nostrani sembravano gesuiti mancati. Non abbiamo avuto, ahimè, né la Riforma protestante né una rivoluzione liberale. Ecco perché la critica politica dei Soloni è spesso preconcetta e moralistica. Analizzano la società italiana idealisticamente, senza quel velo di scientificità e quel rigore sociologico che pure c’è nel materialismo storico. Amano categorie pasoliniane: decadenza, degenerazione, corruzione etica, tradimento, cospirazione. Ecco che viviamo sotto la costante minaccia di rigurgiti autoritari, ad opera di fascisti mascherati. Geniale, la categoria del fascista mascherato: lo possono smascherare e stanare solo i detentori della Gnosi Democratica. E quindi, statene certi, il fascista mascherato è molto più pericoloso di quello in camicia nera, ben visibile. Pirandello diceva che tutti indossiamo una maschera, non è vero?

Quando si argomenta retoricamente, in maniera perentoria, come se si possedesse l’unica verità, non c’è spazio per le confutazioni. Non è ammessa né prova né dimostrazione. Si argomenta per sillogismi, e la premessa maggiore è indiscutibile. Esempi: solo il proporzionale puro è democratico. Pinco Pallo vuole un premio di maggioranza, dunque Pinco Pallo è autoritario. La Costituzione è intoccabile. Pinco Pallo mette le mani sulla Costituzione. Dunque Pinco Pallo è un fascista redivivo. Questa mentalità fideistica è veleno per una società aperta, che ha bisogno più di dubbi che di certezze, più di scienza che di ideologia — ce lo ha insegnato Popper. Il moralismo ideologico ammorba sinistra e destra in egual misura (il che spiega il successo del trasversale Movimento 5 stelle, che attinge furbescamente da una parte e dall’altra).

Sono sprovvisto del dono della chiaroveggenza. Non vedo dietro all’angolo gli squadristi pronti al prossimo golpe. Forse vivo in una bolla di sapone, ma quando sono in Italia nessuno mi manganella o mi fa ingurgitare l’olio di ricino. Né colgo le oscure avvisaglie di nuovi e più terribili fascismi travestiti con abiti nuovi (la dittatura della Banca Centrale Europea o del Fondo Monetario Internazionale e chi più ne ha più ne metta).

Non sono né un giurista né un costituzionalista. Ma conosco una cosa o due sulla storia italiana postbellica. I Soloni avevano qualche ragione fino agli anni Settanta – allora il “tintinnar di sciabole” non era un’invenzione. Ora sono vittime di paranoie, della coazione a ripetere vecchi schemi ideologici. Sono prigionieri di un passato che non passa. Io voglio liberarmi da questa prigionia mentale. Quindi ripeto a me stesso: ho fiducia nella maturità della democrazia italiana; ho fiducia nell’intelligenza del popolo italiano. È la mia fede laica che parla.

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