La Grecia dona “sangue” all’Eurogruppo

-di SANDRO ROAZZI-

Nel giorno della festa dell’Europa stride il contrasto fra le porte aperte delle sedi dell’Unione Europea per ricordare quell’inizio del 9 maggio 1950 e l’ansia da Grecia condita dai tumulti ad Atene, l’allarme cupo di Cameron che esorcizza la Brexit evocando rischi di guerra, i crescenti desideri di ritrovare nei confini chiusi perdute sicurezze.

Allora, è bene ricordarlo, il Ministro degli Esteri francese Schuman con un suo discorso partì dall’economia reale per perorare la causa di un’Europa unita dopo le tragedie della guerra ancora vive: “La fusione di carbone ed acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea…”.
Oggi invece le ragioni dell’Europa sembrano impallidire di fronte al peso che hanno quelle dei mercati, delle banche, degli isolazionismi.

Ma il contrasto si fa ancora più stonato se pensiamo che dalla CECA, la comunità di carbone ed acciaio stiamo passando a velocità doppia alla industria 4.0, quella digitale, con tutte le implicazioni che avranno le reti, i robot, i computer sulla vita di tutti noi, comprese le inclusioni ed esclusioni sociali. Il futuro lavora sodo ma l’Europa reagisce con timori e regole vecchie di più di venti anni.

Di scena intanto torna la Grecia: l’Eurogruppo ha dato un primo via libera alle nuove riforme del suo Governo su pensioni e maggiori tasse per 3,6 miliardi di euro. Si vuole mantenere Atene nell’euro ma con le rigide regole di sempre che creano paradossi e non aiutano ad essere fiduciosi sul futuro. La Grecia ha subito in sette anni un tonfo del Pil del 25% , anche perché parte della sua popolazione – va detto – ha vissuto sopra le reali possibilità. Ma è riuscita, malgrado tutto, a riconquistare nei conti un avanzo primario di +0,7% che però non basta visto che nel 2017 dovrà salire, in tempi di deflazione imperante, all’1,75% e nel 2018 addirittura all’irrealistico 3,5%. Con 2,2 miliardi di euro da rimborsare alla Bce a luglio di quest’anno per aver diritto a nuovi puntelli finanziari senza i quali sarà difficile perfino pagare stipendi e pensioni.

Il Fmi, intransigente come non mai, pretende nuove garanzie e spinge sull’Eurogruppo per averlo dalla sua parte, ma i Ministri europei, almeno per ora, danno per buoni gli sforzi del Governo Tsipras ed è auspicabile che si mantenga tale buon senso. Tutto questo si muove nell’alveo immodificabile di un rigore da austerity implacabile che non tiene conto della realtà dei fatti quando invece, brutalmente, si dovrebbero trovare soluzioni alla ristrutturazione del debito greco che non strangolino quel che resta dell’economia di quel Paese e metta la museruola a quanti intendono ancora lucrare sulle disgrazie di Atene.
La Grecia torna ad essere, di qui all’estate, dunque, una cartina tornasole di quel che sarà dell’Europa e dell’euro. E non è certo è un buon segno con la Brexit… in agenda, la flessibilità chiesta dal nostro Governo, le incertezze della Spagna e il macigno della immigrazione.

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