-di ANTONIO MAGLIE-
Domanda: si può definire socialista un partito che propone, ottenendone l’approvazione, una legge che prevede la dichiarazione dello stato d’emergenza nel momento in cui i flussi migratori dovessero diventare più impetuosi e annuncia di voler respingere anche quei profughi provenienti da teatri di guerra e ai quali dovrebbe essere garantito l’asilo? La risposta non può che essere negativa. Ma i socialdemocratici austriaci quell’interrogativo non se lo sono posti. Il loro leader, Werner Feymann, sta provando a riguadagnare consensi cercando di sorpassare a destra gli xenofobi del Fpoe. Una vicenda bruttissima che arriva nel giorno in cui l’Austria mostra all’Europa e al Mondo il suo muro. Sembra di riavvolgere il nastro della storia, di tornare a una ottantina di anni fa. E rispetto a quel passato, una buona parte degli austriaci non sono immuni da colpe e pesanti responsabilità che, come è noto, hanno gettato ombre anche su un personaggio di primo piano della politica austriaca come Kurt Waldheim, segretario generale dell’Onu e capo dello Stato.
I socialdemocratici sembrano vittime della sindrome di Stoccolma: più la destra estrema conquista consensi e più loro la seguono su una strada che non fa onore al genere umano in senso lato e, in senso più stretto, a coloro che politicamente si richiamano a una idea che fa riferimento alla solidarietà. Inabissati nel panico, dopo la perdita dell’egemonia politica, stano cercando di condannarsi all’eutanasia, felicemente, facendo la faccia feroce, senza rendersi conto che si stanno consegnando al nemico, in maniera per nulla gloriosa. Il muro doveva evitare il crollo alle presidenziali e, invece, il candidato socialdemocratico, Rudolf Hundstorfer, è uscito piccolo piccolo dal confronto con l’erede di Haider, Norbert Hofer. Ha perso subendo un vero e proprio cappotto: 11,2 contro 36,4; fuori dal ballottaggio, un tracollo inaspettato per chi negli ultimi settant’anni, insieme ai democristiani, aveva dominato la scena.
Quel muro edificato sulla “ragion elettorale” (peraltro smentita dalle urne, nel senso che all’opinione pubblica austriaca incattivita non basta più quella inconcepibile barriera) è uno schiaffo all’Europa, a quel che resta di una idea che aveva scaldato menti e cuori e che oggi appare più gelida di un ghiacciolo. Ha ragione Renzi: “Violano sfacciatamente le regole”. Ma lo fanno nell’indifferenza generale e nel significativo silenzio di Angela Merkel che secondo lo Spiegel guarda con una certa “simpatia” a quella sorta di barriera frangiflutti che metterebbe la Germania al riparo dalle onde migratorie. Ormai è archiviato il tempo in cui Angela era l’eroina dei migranti che si presentavano nelle stazioni tedesche esibendo il suo faccione sorridente in fotografia, i baci e gli abbracci, i fiori, i saluti di benvenuto. Non è più tempo di lacrime e sorrisi; questo è il tempo delle lezioni condite di avvertimenti dei maestrini dalla matita rossa e blù come Jens Weidmann. D’altro canto, l’ipotesi viene ventilata da mesi: la chiusura ermetica dell’Europa centrale lasciando ai paesi del Mediterraneo il compito di risolvere i problemi (i salvataggi in mare, l’accoglienza, il riconoscimento). Una Schengen ridotta: la Schengen dei ricchi, forti ed egoisti. Un’Europa così non ha più senso. E un partito socialdemocratico così non ha più motivi per definirsi socialdemocratico.