-di VALENTINA BOMBARDIERI-
Il partito di estrema destra FPÖ (Partito per le Libertà dell’Austria) e del suo candidato Norbert Hofer, vince il primo turno delle elezioni presidenziali in Austria. L’estrema destra ha ottenuto il 36,4 per cento dei voti e affronterà al ballottaggio il candidato arrivato secondo, Alexander Van der Bellen dei Verdi, che ha ottenuto il 20,4 per cento. Il ballottaggio si terrà il 22 maggio.
Hofer è riuscito ad attirare gli elettori più scontenti d’Europa. Al centro della campagna elettorale la questione dell’immigrazione. I partiti vittoriosi hanno fortemente criticato il governo per la gestione della cosiddetta “crisi dei migranti” che non hanno retto all’attacco. Per Van der Bellen l’esecutivo aveva assunto posizioni troppo dure; per Hofer (che è anche contrario al matrimonio e alle adozioni gay) al contrario servivano maggiori controlli e restrizioni. In Austria sono state presentate circa 90 mila richieste di asilo nel 2015. In rapporto alla popolazione (8,58 milioni di persone), si tratta di una cifra che colloca il paese al primo posto per l’accoglienza dei migranti in Europa.
Le reazioni in Italia non si sono fatte attendere. Per Matteo Renzi il risultato austriaco è un campanello d’allarme. Entusiasta invece Matteo Salvini, “è la migliore riposta agli indecisi, a chi tentenna nel centrodestra italiano. Quel che mi sconcerta e che mi fa incazzare è il pressapochismo con cui vengono definiti destra xenofoba e razzista dai media. Chiunque chieda libertà, immigrazione controllata e una Europa diversa viene subito marchiato. Il ‘politicamente corretto’ uccide la verità e la realtà”. In Francia Marine Le Pen twitta: “Le mie più sincere congratulazioni ai nostri amici del Fpoe per questo magnifico risultato. Bravo al popolo austriaco!”
Per la prima volta nella storia dell’Austria degli ultimi 70 anni, i due grandi partiti, popolari e socialisti, restano esclusi dalle elezioni presidenziali. I socialdemocratici e i democristiani governano l’Austria ininterrottamente dalla Seconda Guerra Mondiale in poi.
Diventa inquietante la coincidenza tra questo risultato elettorale e il 25 aprile. Tornano alla mente fantasmi che si pensava fossero ormai confinati nei libri. Siamo cresciuti in un mondo che, forse per questioni anagrafiche, sembra già aver dimenticato la guerra, un mondo che era stato capace di definire un quadro di principi universali che avrebbe dovuto impedire non solo la deflagrazione di nuovi conflitti, ma anche la traduzione nel concreto di quel concetto di uguaglianza tra tutti gli esseri umani che era stato tragicamente con scelte aberranti come le persecuzioni razziali. Questa erano certezze scontate per coloro che sono nati tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta e perciò assistevano con un atteggiamento annoiato alla celebrazioni come quelle legate al 25 aprile, non avvertendo rischi per la loro libertà e per uno stile di vita ritenuto acquisito.
La vittoria dell’estrema destra in Austria (ma prima, per stare nei tempi più recenti, i grandi successi dei partiti xenofobi alle amministrative in Germania e delle Le Pen in Francia, il ritorno dopo otto anni nel parlamento serbo degli ultra-nazionalisti si Seselj) ci ricorda che non ci sono principi acquisiti. Ci sono tanti mostri che per riemergere nella nostra quotidiana attendono solo, come diceva Brecht, che la ragione si appisoli. Negli anni Venti e Trenta il fascismo e il nazismo si affermarono facendo leva sui risentimenti e sulle rabbie create dalla prima guerra mondiale. Ora le rabbie hanno genesi diverse (i flussi migratori, la paura dell’Invasione musulmana) ma l’esito finale è lo stesso: la ragione si addormenta e i fantasmi si svegliano.
L’Unità dell’Europa non era un processo inarrestabile. Quei confini, quelle vittorie andavano difese. Non esisteva una eredità consolidata. Non bisognava limitarsi a proclamare i principi; bisognava anche attuarli, trasformarli in un bene veramente comune. Oggi, 25 aprile, festeggiamo la Liberazione, la fine della guerra ma, probabilmente, partecipiamo al “funerale” di quell’ideale europeo che fu una tra le grandi conquiste della pace.
L’improvvisa e brutale azione anti-immigrati avviata dal suo governo, col filo spinato e il blocco del Brennero, non ha evitato al socialdemocratico di Werner Faymann la sconfitta: se esiste l’originale (in Austria Norbert Hofer, in Francia Marine Le Pen, in Italia Matteo Salvini) non si vede perché gli elettori debbano preferirgli una copia sbiadita e opportunista. Oggi più che mai ci vuole una nuova liberazione: dai pregiudizi e dalle ricette facili che non curano e, al contrario, come la storia avrebbe dovuto insegnarci, possono creare danni irreparabili. Per fare in modo che quei cittadini europei e quei migranti tornino ad essere persone. Persone che chiedono l’applicazione di un principio sacrosanto, il diritto d’asilo. Dobbiamo liberarci dalla xenofobia e dalla paura. Ma servono politiche serie da contrapporre agli slogan dell’ultra-destra che in un mondo globalizzato pensa di risolvere i problemi erigendo muri che sono risolutivi e imperforabili più o meno come quelli che sulla spiaggia i bambini costruiscono intorno ai castelli di sabbia: un’onda un po’ più alta e vengono spazzati via.