Pensioni e part time: qualche “se”, molti “ma”

-di SANDRO ROAZZI-

 

Il part time come uno sherpa verso la pensione. Il Ministro Poletti oggi ha firmato il decreto che disciplina l’attuazione del part time agevolato per i lavoratori ormai prossimi alla soglia della pensione. Sono coloro che ,nel settore privato, entro il 2018 avranno il requisito dell’età sufficiente per lasciare il lavoro (oltre i 63 anni) ed almeno 20 anni di contributi.

Impresa e lavoratore stipuleranno un nuovo contratto ad hoc che finirà con l’ingresso alla pensione e che prevede una riduzione di orario fra il 40 ed il 60%, offrendo  al lavoratore un duplice vantaggio: i contributi dovuti dall’imprenditore gli verranno versati direttamente in busta paga che  diverrà  più sostanziosa, mentre lo Stato si accolla la parte mancante dei contributi per garantire in futuro l’intero importo della pensione.

La contribuzione figurativa ha un limite che dipende dagli stanziamenti governativi che nel 2016 sono fissati in 60 milioni di euro.

Fin qui tutto bene. Questo è però il Paese dei…ma. E vediamo nel caso specifico quali possono essere. In primo luogo il versamento dei contributi nella busta paga si rifletterà  sul costo del lavoro sopportato dall’imprenditore (pensiamo alle tante  piccole imprese che operano nella nostra economia) e potrebbe di conseguenza raffreddare le disponibilità imprenditoriali. Il ricorso a questo strumento che si preannuncia utile per molti versi, vista anche la difficile stagione  di  ristrutturazioni presenti in Italia, ne potrebbe risentire.

Ma poi che tipo di mercato del lavoro si realizzerà per la fascia dei 50-60enni? Accanto al fenomeno degli esodati che si sta riassorbendo, ecco  i cinquantenni che rischiano il posto per le crisi produttive, ecco i lavoratori anziani inchiodati al lavoro perché lontani dai requisiti anagrafici per lasciarlo ed infine ecco i  lavoratori con il part time agevolato.  Se poi un domani spuntasse la ipotizzata flessibilità verso la pensione, avremo contemporaneamente  lavoratori che lasciano il lavoro pieno con  penalizzazioni sul loro reddito da pensione per il resto della vita ed altri  dipendenti, più o meno coetanei,  che viceversa otterranno  un  assegno pensionistico intatto (e con gli ultimi anni di attività a tempo ridotto). Toccherà al legislatore mettere ordine in questo procedere in ordine  sparso. Il tempo c’è, ma occorre anche la volontà per spenderlo bene.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

Rispondi