-di SANDRO ROAZZI-
La produzione industriale in Italia continua ad oscillare fra il segno meno e quello più, influenzata come è dalle attese che si tingono di grigio molto spesso e dalla influenza che esercitano i mercati esteri anch’essi discontinui nel loro procedere. Confindustria aveva segnalato già che a febbraio la produzione era calata dello 0,4% su gennaio pur mantenendo una intonazione positiva nell’ultimo trimestre con un risicato +0,1% rispetto al precedente. Oggi l’Istat segnala che il calo di febbraio sul mese precedente è dello 0,6% anche se è più benevolo quando indica in un +0,3% la crescita dell’ultimo trimestre su settembre-novembre 2015. La maggiore crescita tendenziale proviene invece dalla fabbricazione di computer, elettronica, orologi ed ottica con un +8,2% ma vanno forte anche i mezzi di trasporto ed in generale i beni intermedi.
A flettere c’è la energia e il tessile-abbigliamento. Nel primo caso si risente della congiuntura internazionale e del calo tariffe probabilmente, nel secondo pesa la sostanziale stagnazione dei consumi e la politica di prezzo che ormai si nutre di promozioni per quasi tutto l’anno. Produzione industriale in altalena dunque, ma il gioco vero riguarda il futuro. Quel che colpisce è che non si vedono i segni di una nuova strategia industriale: si procede a fatica, si difendono le posizioni (e meno male), ma non si vede quel colpo di reni che prelude ad una nuova fase del nostro destino di Paese manifatturiero.
Squinzi qualche giorno fa ha passato il testimone al nuovo Presidente designato Boccia mettendo l’accento soprattutto sul rapporto da ricostruire con i sindacati. L’auspicio appare generoso con quel “speriamo che lui ce la faccia a convincerli”… che tutto è cambiato. Ma è un testimone pieno di insidie e Boccia lo sa per primo. Ma la vera patata bollente probabilmente è proprio quella che vede in gioco il futuro industriale del Paese con un carico di interrogativi niente male: investimenti? Ricerca? Credito? Competitività? Settori produttivi da salvare e da lasciare inevitabilmente declinare? Quali sostegni per l’insostituibile mondo delle piccole imprese? E, naturalmente, quale confronto con il sindacato. Forse su alcuni di questi interrogativi quest’ultimo potrebbe essere perfino un potenziale alleato di strada. Chissà…