-di Sandro Roazzi-
Nel 2015, dato Istat, la pressione fiscale si attesta al 43,5% confermando la… vocazione dell’Italia a risiedere nei piani alti di questa particolare classifica europea. In effetti un lieve calo, -0,1% su base annua si intravede ma è come osservare una… ospitata a “chi l’ha visto?”. Non va dimenticato per giunta che se dal Pil si elimina il valore del sommerso, fatalmente allergico alle tasse, la pressione fiscale sale di botto almeno ad un più che opprimente 51%. Inutile ribadire che senza una riforma fiscale complessiva dovremo dar ragione a quelle previsioni che ritengono possibile un primo calo della pressione fiscale a partire dal 2019.
Ma questo dato ha anche un’altra valenza problematica: tende a rafforzare lo spessore già alto della incertezza che domina nell’economia e che frena investimenti e consumi. Certo nel 2015 spunta un elemento positivo: il potere d’acquisto delle famiglie è salito dello 0,8% dopo otto anni. Ed in questa cifra probabilmente ci sono anche i famosi 80 euro del Governo. Ma il persistere del pericolo deflazione-stagnazione ci fa capire che comunque la nostra economia cammina ancora bilico e senza una vera bussola. Non è un caso che la Bce continui a sostenere che si batterà contro la bassa inflazione, pur se era nata invece fra l’altro per vigilare sulla… alta inflazione, ricordando al contempo che servono politiche economiche adeguate, finora poco visibili.
Non giova in questo scenario il polverone che da noi puntualmente si alza sulle pensioni e che finisce per creare nuovi proseliti della fuga verso la pensione appena possibile per evitare di essere investiti da eventuali, ulteriori misure restrittive.
La confusione finisce per essere alimentata in vario modo. Molti calcoli infatti lasciano interdetti, come quello che propugna più attenzione per i giovani con risorse provenienti da un contributo di solidarietà sulle pensioni alte. E’ l’ennesimo appello di Tito Boeri. Senza rammentare però che quello che si è ricavato finora dagli interventi di taglio non è tale a far gioire le casse dello Stato: presumibilmente si arriva a 40 milioni lordi (poco più di 20 milioni netti). Anche spingendo sull’acceleratore è difficile che quella cifra diventi davvero appetibile per progetti utili e fuori della portata delle decisioni della Corte Costituzionale.
Ma quel segnale rischia anch’esso di esser frainteso come un preludio ad interventi che potrebbero colpire tutti, anche se non è questa l’intenzione. Benzina sul fuoco dell’incertezza. Ai richiami continui di Boeri il governo resiste. Forse sarebbe meglio richiamarlo al rispetto dei ruoli. Quando il brillante (e senza dubbio competente sul piano economico) Presidente dell’Inps parla, sembra sempre più un Ministro piuttosto che il “gestore” dell’Istituto di previdenza pubblico. Ma un Ministro già c’è’. E c’è un Governo, e ci sono dei sindacati. Ma soprattutto ci sono lavoratori preoccupati per il loro futuro e per quello dei figli e nipoti a carico.