-di SANDRO ROAZZI-
La Corte dei conti avverte: recessione finita ma la ripresa ancora debole potrebbe aver difficoltà a consolidarsi. E poi…poi c’è la montagna del debito pubblico che non crea fiducia all’estero. Pronta la replica del Ministro Padoan: ridurre il deficit è sfida difficile ma ineludibile. E per la ripresa, rilanciare gli investimenti. Ma c’è un’altra questione centrale, il fisco. La Corte non ha dubbi: il 2016 eredita dal passato un sistema fiscale bloccato. Vale a dire difficile da riformare, ma anche complicato da ridurre: la previsione è che solo nel 2019 inizierà realmente ad invertire la tendenza al rialzo.
Il rapporto mette in evidenza anche le misure di cui hanno beneficiato positivamente famiglie ed imprese, ma ricorda che paradossalmente anche questi interventi possono influire sulla rigidità dell’intero sistema. Bene gli 80 euro ai redditi bassi o meno Irap, ma se poi si deve fare una riforma dell’Irpef con questa ed altre “eccezioni” tutto diventa più difficile e, ridare una logica alla progressività del prelievo, un affare di stato. Questo continuo “ingessamento” del fisco italiano è proseguito, secondo l’analisi della Corte, anche durante la recessione con la… carica di ben 800 misure varate dal 2008 al 2015. In quest’ultimo anno almeno se ne sono registrate 22 in aumento del gettito ma 45 di riduzione con un maggior indebitamento di 27 miliardi.
Detto questo però i confronti internazionali non ci premiano: l’Italia è il secondo Paese nella Ue per prelievo fiscale sui redditi da lavoro, il terzo per quello sulle imprese, mentre è solo il 22° per prelievo sui consumi (leggi Iva, sulla quale grava anche una alta evasione che fa perdere circa il 34% del gettito potenziale, più del doppio di quel che avviene in Europa). Siamo il quinto Paese in Europa per pressione fiscale complessiva ma ci trasciniamo dietro dei paradossi esemplari: il peso fiscale su una famiglia con coniuge e due figli è calata nel 2014, pur se di poco, ma rimane superiore del 50% al livello medio dell’Unione europea.
Lo stesso cuneo fiscale è cresciuto poco in questo primo scorcio del terzo millennio (+1%) ma nell’area Ocse ( dove sono in agguato i nostri competitori) è diminuito mediamente di un punto e mezzo.
Siamo di fronte dunque ad un sistema che non compete come dovrebbe e necessita di una profonda risistemazione. Agendo anche a monte, sostiene il rapporto della Corte, ovvero sulla spesa non necessaria e sull’evasione fiscale, per drenare importanti risorse e metter mano alle distorsioni esistenti. Ma un altro fenomeno è cresciuto sul piano fiscale: quello della erosione. Dettato spesso dalla situazione di necessità in cui versa l’economia si sono moltiplicate negli ultimi anni le agevolazioni : si convive così… con circa 800 “eccezioni” rinunciando potenzialmente ad un reddito di circa 300 miliardi. Ma nei rumors che si avvertono nello scenario economico che porterà alla nuova legge di stabilità si coglie la sensazione che sulle agevolazioni possano emergere ipotesi di intervento non tanto per eliminare voci specifiche, quanto immaginando altre soluzioni come potrebbe essere un sorta di tetto massimo oltre il quale non si avrebbe più diritto a deduzioni.
Ma uno degli scogli più spinosi resta l’Iva i cui aumenti sono stati bloccati sterilizzandone gli effetti. E’ la famosa clausola di garanzia. Se fossero stati viceversa applicati avremmo avuto un esiziale taglio dei reddito disponibile per le famiglie per il biennio 2017-2018 di oltre 500 euro l’anno. Con effetti sulla domanda interna già depressa inimmaginabili.
Altro punto dolente è la tassazione locale che si è andata sommando a quella nazionale anche per via dei ridotti trasferimenti a regioni ed enti locali. Tutto questo ha provocato però una babele fiscale: si pensi che il solo differenziale fra le addizionali Irpef fra i comuni meno “esosi” e quello di Roma arriva a toccare perfino il 400%. Ed è il sud a pagare il prezzo più alto. Insomma il da fare è molto e non è agevole. Nel frattempo nel mirino oltre ai crescenti risultati sull’evasione fiscale, potrebbero verificarsi una rimodulazione delle aliquote Iva e una ricognizione, come detto, sulle agevolazioni. Compito ingrato, ma forse inevitabile se si vuol restituire agibilità e certezze al fisco.