La Spagna e la politica al tempo di internet

-di ANTONIO MAGLIE-

La crisi spagnola precipita progressivamente verso nuove elezioni. Il socialista, Pedro Sanchez (che non ha brillato per coerenza nella conduzione del suo disperato tentativo per la formazione di un governo) non è riuscito a ottenere neanche la maggioranza relativa per potersi insediare ufficialmente come capo dell’esecutivo. Sottovalutare la questione spagnola sarebbe un errore anche perché, quel paese, dalla morte di Franco in poi ha mostrato sempre una certa stabilità (tentativi di golpe a parte, comunque fermati dal Re dell’epoca) tanto da indurre noi italiani a considerare la legge elettorale iberica come la panacea di tutti i mali. Evidentemente non era così forse anche perché lo strumento elettorale “infallibile” non esiste e dobbiamo accontentarci di averne uno che sia diretta conseguenza della Costituzione e degli assetti istituzionali scelti (faccia o meno piacere, la vecchia legge elettorale proporzionale in vigore in Italia un quarto di secolo fa era più coerente di quanto lo siano state le leggi che l’hanno nel tempo sostituita, compresa l’ultima di matrice renziana).

Quando le urne hanno dato il risultato che ha fatto saltare il sostanziale bipartitismo della Spagna post-franchista, molti giornali hanno parlato di una situazione italiana senza italiani augurandosi, conseguentemente, che la classe politica spagnola riuscisse a trovare quegli elementi di “elasticità” che hanno consentito a noi di andare avanti per diversi decenni. Evidentemente quello che era considerato un piccolo “miracolo” antropologico non è avvenuto. Ma probabilmente la causa di tutto questo non va cercata nel fatto che i politici spagnoli non siano riusciti a italianizzarsi, ma nel fatto che la modernità ha irrigidito la politica al pari della società. La stessa elasticità politica che viene riconosciuta agli italiani si è nel tempo trasformata nel recupero amplificato di un vecchio difetto: il trasformismo o, volendo, il “pagnottismo”.

Il fatto è che la politica al tempo di internet si è da un lato inaridita nelle forme della partecipazione, e dall’altro si è irrigidita scoprendo il gusto dell’aristocratica chiusura nel recinto delle proprie insindacabili e inattaccabili certezze. E’ una deriva che il sociologo Zygmunt Bauman ha illustrato in una recente intervista a “l’Espresso”: “Quando lei esce di casa e si trova per strada, in un bar o su un autobus, interagisce volente o nolente con le persone più diverse, quelle che le piacciono e quelle che non le piacciono, quelle che la pensano come lei e quelle che la pensano in modo diverso: non può evitare il contatto, la contaminazione… La complessità spesso non è una esperienza piacevole e costringe a uno sforzo. Internet è il contrario: ti permette di non vedere e non incontrare chiunque sia diverso da te. Ecco perché la rete è allo stesso tempo una medicina contro la solitudine… e un luogo di confortevole solitudine”.

I nuovi partiti sia quelli nati da movimenti veri (Podemos) che quelli figli di movimenti costruiti sulla carta (M5s) sono, come dimostra la vicenda spagnola e lo strano percorso della legge sulle unioni civili in Italia, le espressioni più dirette (seppur non analoghe) proprio di questa politica che crescendo attraverso internet (che peraltro è uno strumento utilissimo a patto che non lo si consideri il contenitore del “migliore dei mondi possibili”) rifiuta sdegnosamente il contatto puntando a una purezza che esclude a priori la logica della contaminazione. Spiega ancora Bauman parlando della capacità di questi nuovi partiti di intercettare i “sentimenti anti-sistema”: “Le persone si scambiano le reazioni emotive sui social network e magari da lì si organizzano per andare in piazza a protestare. Gridano tutti gli stessi slogan… Poi si torna a casa contenti della fratellanza con gli altri che si è creata in piazza. Ma è una solidarietà falsa. Io la chiamo “carnival solidarity” perché mi ricorda appunto quegli eventi in cui per quattro o cinque giorni ci si mette la maschera, si canta e si balla insieme, fuoriuscendo per un tempo definito dall’ordine delle cose”. Ma è evidente che il governo della società non è un ballo in maschera: prima o poi arriva sempre il mercoledì delle ceneri.

antoniomaglie

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