Ora che l’autopsia ha fornito delle risposte, si può dire con chiarezza: Giulio Regeni è stato ucciso dall’ipocrisia delle democrazie occidentali. Quando il blocco sovietico (l’Impero del Male di reaganiana memoria) crollò ci esaltammo dicendo che era il trionfo dei principi di libertà sulla dittatura. Oggi, a un quarto di secolo di distanza, accettiamo che nel cuore dell’Europa vi siano paesi come l’Ungheria che di democratico hanno solo l’aggettivo (rilasciato ormai con larghezza eccessiva da screditati valutatori); nel frattempo, la Merkel corre a Istanbul e promette tre miliardi a Erdogan, altro straordinario campione della democrazia morente, per chiudere le frontiere e bloccare il flusso di migranti; Renzi si affretta ad fiondarsi in Egitto per baciare la pantofola di al-Sisi seguito a stretto giro di posta da una processione di imprenditori guidata dalla loro collega (non da un nostro ministro) Federica Guidi che chiede al dittatore un intervento chiarificatore sulla sorte di Giulio proprio mentre un branco di macellai in una stanza buia sta ultimando la sua macabra opera; accogliamo con grande calore Rouhani, capo di una teocrazia oscurantista, manco fosse l’eroe di una guerra per la libertà, nella speranza di imbastire nel prossimo futuro buoni affari con Teheran; e poi ci sono gli ambigui paesi arabi nei cui confronti da sempre i nostri sacri principi valgono molto meno di un barile di petrolio. Per cortesia, evitate ora di piangere sulla tomba di Giulio: sarebbero solo lacrime di coccodrillo. Come cantava Fabrizio De Andrè: Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti.