Quando la fede diventa propaganda elettorale

 

pirellone-di Antonio Maglie-

Con l’approssimarsi del Family Day e del dibattito in Parlamento sulle unioni civili, l’attivismo delle gerarchie ecclesiastiche, pur tra contraddizioni di “linea”, è lievitato di intensità. Non si è sottratto nemmeno il Papa che pur guardando alle cose dell’Italia (politica) con maggiore distacco rispetto a molti suoi predecessori, non ha mancato di confermare quel che era già emerso con Giovanni Paolo II: aperture di tipo quasi progressista sul fronte economico-sociale, sostanziali chiusure su quello dottrinario, una conferma che ha un po’ raffreddato gli entusiasmi di quei laici (compreso chi scrive) che avevano immaginato di ritrovare in Francesco il rilancio di quegli aneliti riformisti (incompiuti per morte sopravvenuta) che furono di Giovanni XXIII. Evidentemente, non è così.

Contro le unioni civili sono stati numerosi i richiami alla Costituzione, in particolare all’articolo 29 (La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio). Però, quando si richiama la legge fondamentale del nostro Stato, bisognerebbe ampliare il discorso a tutti gli articoli che possono riguardare la materia del contendere. E qui emerge una amnesia da parte delle Gerarchie che insieme al 29 dovrebbero anche attardarsi nell’esame dell’articolo 7. Come è noto, quella norma non piacque ai socialisti che votarono contro alla Costituente e ai laici come Piero Calamandrei e, in generale, appare ancora oggi, come dire, poco appropriata alla definizione di uno Stato che non “sposa” una fede ma si pone al di là delle fedi rispettandole tutte ma, allo stesso tempo, non discriminando quei cittadini che non aderiscono a nessuna di esse. Una condizione in parte poi realizzata con la riforma concordataria del 1984 che ha consentito di superare il concetto di religione di Stato. Ma se il Concordato è cambiato, la norma della Costituzione è rimasta e dato che c’è, va rispettata. Al primo comma dice: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. Un reciproco riconoscimento di tipo politico-giuridico-diplomatico da cui deriva il secondo comma: “I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi”. In sostanza (cosa che fece infuriare Calamandrei) venne “costituzionalizato” un trattato internazionale. Tale costituzionalizzazione garantisce alla Chiesa intesa come Stato “indipendente e sovrano” una serie di doveri ma anche di diritti e di privilegi a cui, evidentemente, la Gerarchia non intende rinunciare tanto è vero che nonostante diminuiscano progressivamente i ragazzi che frequentano l’ora di religione, da parte di quella Gerarchia non arrivano segnali di disponibilità all’accorpamento delle classi e alla conseguente riduzione degli insegnanti con costi superiori per l’Italia che finiscono per scaricarsi su tutti i cittadini, anche su quelli che, per scelta, non frequentano le chiese della Penisola.

Conclusione. Se è giusto che i cattolici come soggetti singoli o associati sotto le più svariate sigle manifestino la loro contrarietà a una legge da loro ritenuta inaccettabile prima ancora che incostituzionale, sarebbe altrettanto giusto che quella Gerarchia che è l’articolazione “burocratica” di uno “Stato indipendente e sovrano”, evitasse forzature su un tema delicatissimo come quello dell’unioni civili. Qualche giorno fa il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, ha sostenuto che il Parlamento avrebbe problemi più seri di cui occuparsi. E’ probabile ma ciò non toglie che i diritti civili siano la spina dorsale di uno stato democratico che rifugga da visioni teocratiche perciò non spetta né alla Cei né a Bagnasco stabilire l’agenda dei lavori parlamentari perché la definizione di quell’agenda rientra tra i compiti di uno stato “indipendente e sovrano” qual è ‘Italia in virtù del reciproco riconoscimento sancito nell’articolo 7. E’ chiaro: tutti sono poi liberissimi di partecipare alla manifestazione di sabato prossimo.

Semmai facendo attenzione ai compagni di strada. Papa Francesco, in opportuna continuità con i suoi predecessori, ha dichiarato di non voler alimentare guerre di religione. Ma i sinceri cattolici si ritroveranno al fianco di uomini politici che nel frattempo organizzano manifestazioni con leader che non si possono certo definire “campioni di tolleranza” e che usano l’islamismo (e, di conseguenza, il cattolicesimo) come strumento per raccattare facili consensi elettorali. In questi anni sono avvenute conversioni insospettabili come quella dell’onorevole Roberto Calderoli che ha garantito la sua presenza alla manifestazione. E, d’altro canto, il suo collega presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, spedirà a Roma il gonfalone dopo aver illuminato con una scritta inequivocabile il Pirellone, cioè una sede istituzionale, dimenticando, evidentemente, che le addizionali regionali le pagano i laici e i cattolici, gli atei e i credenti, gli eterosessuali e gli omosessuali. Non sarebbe sorprendente se qualcuna delle categorie che non si è identificata in quella scritta decidesse di dar corso a questo punto a quello “sciopero fiscale” tante volte evocato dalla Lega Nord e mai attuato.

Sembra esserci molto di strumentale in queste conversioni improvvise e sino a qualche anno fa imprevedibili. E qui entra in ballo l’uso a fini politici del messaggio religioso. La Lega Nord è notoriamente impegnata nella campagna anti-Islam (Calderoli con una famosa maglietta orgogliosamente esibita è stato un precursore). E’ inevitabile che cerchi motivazioni “nobili” per dribblare l’accusa di xenofobia: il richiamo alla “nostra civiltà” e il cattolicesimo utilizzato come collante ideologico. Poi, però, ci sono le storie personali. Calderoli è lo stesso che nel settembre del 1998 “convolava a giuste nozze” con rito celtico, sotto lo sguardo soddisfatto di Umberto Bossi. Non fu l’unico: su quella strada lo seguì il terzo Roberto di questa storia, Castelli, l’ingegnere per qualche tempo prestato alla giurisprudenza. Il matrimonio non durò e sei anni fa la signora Sabina Negri che quel giorno convolò con Calderoli, in una intervista al “Fatto Quotidiano” spiegò l’improvvisa conversione della Lega dal “paganesimo celtico” alla fervente religiosità: “La gente chiedeva un partito cattolico da votare “, ovviamente in funzione anti-Islam.

Tutti possono essere “folgorati” come Saulo di Tarso, vero fondatore della teologia cattolica, probabilmente vero edificatore della Chiesa di Roma; anche i Roberti leghisti, tra illuminazioni (nel senso energetico della parola), polemiche con il ministro Alfano e pellegrinaggi a Medjugorje. La piazza, d’altro canto, è un luogo aperto, anche a strani personaggi come Kiko Arguello che in occasione del Family Day dello scorso anno illustrò dal palco una originalissima tesi sul femminicidio la cui colpa ricadrebbe sulle spalle delle mogli che non amano abbastanza i loro mariti. Salvini e i suoi molto meno originalmente inseguono solo un po’ di consensi elettorali ecco perché le Gerarchie farebbero bene non solo a invocare la Costituzione ma anche a selezionare gli “ospiti”.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

2 thoughts on “Quando la fede diventa propaganda elettorale

  1. La materia è davvero molto complessa,se si vuole analizzare e affrontare in ogni aspetto più “intimo” della vita dei bambini.
    Credo che si voglia dare, con la legge, una veste giuridica della pratica sessuale e non alla persona che la vive, e questo implica necessariamente alcune condizioni , figli inclusi.

    Manca del tutto una seria e profonda conoscenza del mondo dei bambini. C’è una prevalente pregiudiziale politica, che vede nell’atto legislativo un’affermazione di consenso elettorale.
    Sappiamo, o meglio qualcuno sà, quanto lo studio fatto sulla psicanalisi da Sigmund Freud, abbia messo in evidenza l’importanza delle figure dei genitori per l’equilibrio della crescita di un bambino.
    Non credo che si possa scrivere una legge dello Stato, con una simile leggerezza, con una superficialità e direi avventurismo giuridico.

    I bambini adottati sono alla ricerca costante, conscia o inconscia, della loro genitorialità, interrogandosi sui motivi del loro abbandono da parte dei genitori ( conosciamo episodi di bambini che diventati adulti, hanno cercato di rintracciare i loro genitori ).
    Si ritrovano a convivere con una coppia di soli uomini o sole donne. Sembra evidente a chiunque , quanta confusione si creerebbe nel bambino, che mentre cerca la sua origine,si trova invece una rappresentazione genitoriale completamente trasformata. MI pare che questa sua nuova condizione,lo porterà a una doppia angoscia o pena ( l’abbandono e adozione prima, e una realtà così stravolta dopo, quando si trova nella nuova realtà falsata ).

    Il principio o il senso ,che dir si voglia, dell’adozione, non è da ricercare nel desiderio di una coppia di avere un bambino,ma di quella di un bambino che ha perso i suoi genitori.
    E’ in questo senso che I’nteresse egoistico dei gay è in violazione internazionale Onu dei diritti dell’infanzia che richiede di perseguire l’interesse superiore dei bambini,

    Un bambino adottato da una copia gay, potrà avere educatori, forse una vita economicamente migliore, ma sarà SEMPRE privato dei genitori. La coppia che l’adotta non può rappresentare un origine genitoriale.
    C’è una forte Lobby dei gay che spinge su questa materia, e se si affermasse, si aprirebbe conseguentemente la strada al MATRIMONIO gay.

    Si parla di DIRITTI CIVILI, e questo implica stessi diritti sociali, quali quelli spesso richiamati : diritto ad avere alloggi pubblici, la reversibilità della pensione del convivente, l’assistenza mutualistica e altri… Ma non mi sembra che avere un DIRITTO SUI bambini sia un progresso di civiltà.

    Il movimento di piazza, non ragiona né analizza i temi che riporto in questo scritto, ma segue una impressione, una suggestione creata e voluta da chi manipola il consenso, senza mostrare rispetto di chi poi eventualmente lo conferma.

    Gaetano Bruno
    mail

  2. Gent. Direttore,
    La materia è davvero molto complessa,se si vuole analizzare e affrontare in ogni aspetto più “intimo” della vita dei bambini.
    Credo che si voglia dare, con la legge, una veste giuridica della pratica sessuale e non alla persona che la vive, e questo implica necessariamente alcune condizioni , figli inclusi.
    Manca del tutto una seria e profonda conoscenza del mondo dei bambini. C’è una prevalente pregiudiziale politica, che vede nell’atto legislativo un’affermazione di consenso elettorale.
    Sappiamo, o meglio qualcuno sà, quanto lo studio fatto sulla psicanalisi da Sigmund Freud, abbia messo in evidenza l’importanza delle figure dei genitori per l’equilibrio della crescita di un bambino.
    Non credo che si possa scrivere una legge dello Stato, con una simile leggerezza, con una superficialità e direi avventurismo giuridico.
    I bambini adottati sono alla ricerca costante, conscia o inconscia, della loro genitorialità, interrogandosi sui motivi del loro abbandono da parte dei genitori ( conosciamo episodi di bambini che diventati adulti, hanno cercato di rintracciare i loro genitori ).
    Si ritrovano a convivere con una coppia di soli uomini o sole donne. Sembra evidente a chiunque , quanta confusione si creerebbe nel bambino, che mentre cerca la sua origine,si trova invece una rappresentazione genitoriale completamente trasformata. MI pare che questa sua nuova condizione,lo porterà a una doppia angoscia o pena ( l’abbandono e adozione prima, e una realtà così stravolta dopo, quando si trova nella nuova realtà falsata ).
    Il principio o il senso ,che dir si voglia, dell’adozione, non è da ricercare nel desiderio di una coppia di avere un bambino,ma di quella di un bambino che ha perso i suoi genitori.
    E’ in questo senso che I’nteresse egoistico dei gay è in violazione internazionale Onu dei diritti dell’infanzia che richiede di perseguire l’interesse superiore dei bambini,
    Un bambino adottato da una copia gay, potrà avere educatori, forse una vita economicamente migliore, ma sarà SEMPRE privato dei genitori. La coppia che l’adotta non può rappresentare un origine genitoriale.
    C’è una forte Lobby dei gay che spinge su questa materia, e se si affermasse, si aprirebbe conseguentemente la strada al MATRIMONIO gay.
    Si parla di DIRITTI CIVILI, e questo implica stessi diritti sociali, quali quelli spesso richiamati : diritto ad avere alloggi pubblici, la reversibilità della pensione del convivente, l’assistenza mutualistica e altri… Ma non mi sembra che avere un DIRITTO SUI bambini sia un progresso di civiltà.
    Il movimento di piazza, non ragiona né analizza i temi che riporto in questo scritto, ma segue una impressione, una suggestione creata e voluta da chi manipola il consenso, senza mostrare rispetto di chi poi eventualmente lo conferma.

    Gaetano Bruno
    mail

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