EUROMAJDAN: L’UCRAINA NON È LA JUGOSLAVIA (Seconda parte)

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In ragione del suo passato storico, la società civile ucraina è stata definita società “post-coloniale” o società post-genocidiaria (cfr. J.E. Mace, «Holodomor: the Ukrainian Genocide, 1932-1933», in Canadian American Slavic Studies Journal, 3, 2003). La coscienza collettiva ucraina è stata infatti gravemente stordita dall’enorme colpo infertole dalla carestia artificiale o Holodomor, organizzata dal Cremlino nell’inverno 1932-1933 per spezzare la resistenza nazionale contadina alla collettivizzazione. Questa fragilità ha permesso alla parte più intraprendente della ex nomenklatura comunista di stabilirsi, dopo il 1991, in cima alla nuova struttura sociale ucraina nella forma di una oligarchia politico-economica, permeabile ad una convergenza di interessi con le controparti russe. Il leader più combattivo e prestigioso dell’opposizione democratica, l’ex dissidente della Galizia Vyačeslav Čornovil, è morto in un misterioso “incidente” d’auto che si è verificato nei pressi all’aeroporto internazionale di Borispol nel marzo del 1999, all’inizio di una nuova campagna presidenziale in cui aveva deciso di sfidare il presidente uscente Kučma. Da parte loro, i politici europei non sono stati in grado di aiutare l’Ucraina e i suoi cittadini, che sognavano – come tutti i cittadini delle Repubbliche ex-popolari – di aderire all’Unione europea. Nel 2000, in un vertice tra i ministri degli Esteri francese e tedesco, era stato infatti deciso di escludere l’Ucraina dal processo di allargamento per impedire alla Russia di sentirsi “isolata”. Nel 2004, il confine dell’UE con l’Ucraina è diventato così un nuovo “Muro di Berlino” (come disse l’ex ambasciatore ucraino a Bruxelles), spingendo inevitabilmente l’Ucraina verso la Russia. La decisione fatale è stata anche il risultato di un deficit culturale dell’Europa occidentale nei confronti del popolo ucraino, la cui collocazione nella mappa mentale e geografica d’Europa è ancora incompiuta.

Poi, la recente decisione di Vladimir Putin di reagire attraverso una strategia di “jugoslavizzazione”, ha fatto precipitare la situazione. Dopo aver preso la Crimea, Putin ha infatti lanciato una “guerra sporca” in Ucraina orientale. Il progetto – Putin lo ha chiarito in una delle sue interviste televisive – è la distruzione dell’Ucraina, che molti a Mosca chiamano ormai uno “Stato morto”. Già durante il vertice Nato a Budapest nel 2008, Vladimir Putin – senza alcun disagio o ritegno – aveva affermato che l’Ucraina non era un Paese. Egli ha riesumato oggi la nozione zarista di Novorossija (l’intera Ucraina sud-orientale), come area da annettere. Un sondaggio condotto subito dopo l’annessione della Crimea da parte del Pew Research Center, specializzato nell’analisi delle opinioni in Europa orientale, indica però che vi è una netta maggioranza di ucraini, di tutte le regioni, che sono contrari alla divisione del paese, con il 77% che si oppone alla secessione; la maggioranza a favore dell’unità nazionale raggiunge il 93% in occidente e il 70% a est.
Ora, in Ucraina non c’è una sola linea di demarcazione linguistico-religiosa-culturale e non c’è una Chiesa nazionale. In particolare, esistono almeno due Chiese ortodosse, l’una legata al Patriarcato di Mosca e l’altra autocefala. In Ucraina non si combatte quindi una guerra anche confessionale (cattolici contro ortodossi, ecc.) come era avvenuto in Jugoslavia.  Tra l’altro, il 3 marzo 2014, Jaakov Dov Bleich, rabbino capo d’Ucraina, aveva duramente condannato l’occupazione della Crimea e, il giorno dopo, diverse personalità religiose e culturali di origine ebraica hanno firmato un appello al presidente russo chiedendogli di non sfruttare la memoria della Shoah, diffondendo accuse infondate di antisemitismo.
L’annessione della Crimea e il progetto neo-zarista della Novorossija, sono emblematici della volontà del leader del Cremlino di sovvertire l’ordine dello spazio post-sovietico e di rimettere in discussione l’ordine mondiale. Ancora una volta, l’Ucraina potrebbe svolgere il ruolo di merce di scambio tra i poteri geopolitici globali. Nel 1918 le aspirazioni ucraine erano state frustrate dalle potenze vincitrici. Quando ci fu lo Holodomor, molte nazioni d’Europa e del mondo sapevano, ma per ragioni di convenienza e di insensibilità tutti si sono voltati dall’altra parte (cfr. A. Graziosi, Lettere da Kharkov, Einaudi, Torino 1991); allo stesso modo, le nazioni occidentali hanno ceduto a Jalta a tutte le richieste di Stalin sull’Ucraina occidentale, che non era mai stata sotto il governo russo o sovietico ed era stata occupato nel 1939 da Stalin dopo il patto nazi-sovietico;  abbiamo poi detto di quello che è successo al momento dell’allargamento dell’UE verso l’Europa centrale nel 2004.

Sembra però che questa volta ci sia un impegno occidentale (soprattutto degli Stati Uniti, a dire il vero) a fianco dello Stato ucraino, cosa che non era avvenuta al momento degli accordi internazionali che hanno seguito le due guerre mondiali. Vedremo se sarà davvero efficace.

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